lunedì 13 settembre 2010

LA SINISTRA E LE OCCASIONI MANCATE (E NEPPURE MAI CERCATE)

Lezioni per la sinistra

Uno dei due dibattiti del Terzo Convegno del Gruppo di Volpedo è dedicato al Congresso di Epinay con il quale si è costituito il Partito Socialista francese.

di Felice Besostri

Uno dei due dibattiti del Terzo Convegno del Gruppo di Volpedo è dedicato al Congresso di Epinay con il quale si è costituito il Partito Socialista francese. Il Gruppo di Volpedo non è un centro studi, anche se nei suoi incontri e seminari, i contributi sono sempre stati di buon livello e spesso con approcci innovativi, come sul federalismo e sulla forma di governo e le leggi elettorali. Non vuole essere nemmeno un semplice pensatoio, anche se, per essere à la page, (espressione a sua volta fuori moda sostituita da trendy) dovremmo dire Think Tank, MA UN GRUPPO DI AZIONE POLITICA e pertanto dopo l'introduzione storico-politica del compagno Marc Osouf, si parlerà dell'esempio che ha rappresentato o avrebbe dovuto rappresentare Epinay o della lezione che rappresenta, o avrebbe dovuto rappresentare, per la sinistra italiana. Benché il nostro sia un orizzonte europeo, come dimostra l'attenzione per il PSE e la sua riforma, che si ritrova sia nell'Appello sia nel Manifesto di Volpedo che in questo Terzo Convegno, le specificità nazionali non possono essere ignorate.

La divisione dell'Europa in occidentale e orientale, che non appartiene né alla storia lunga, né alla geografia del nostro Continente, ha diviso la sinistra ed i partiti, che ne erano espressione. In tutti i paesi europei, con poche eccezioni, ad Ovest hanno prevalso partiti socialisti, socialdemocratici o laburisti ed ad Est partiti comunisti, sia pure variamente denominati e frutto, oltre che dell'occupazione militare sovietica, di unificazione forzate dei partiti comunisti e socialdemocratici. Nelle due parti d'Europa in quella occidentale erano egemoni i partiti socialisti democratici ed in quella orientale i partiti comunisti (quando c'era un apparente pluripartitismo sono stati consentiti partiti cristiani-sociali, liberal-democratici o partiti contadini, mai partiti socialisti). I processi sono stati diversi nei paesi occidentali geograficamente europei come Spagna e Portogallo, dominati dalle dittature franchista e salazarista, e nei paesi democratici come Francia ed Italia, gli unici con un partito comunista numericamente ed elettoralmente superiore al corrispondente partito socialista. L'Italia, ha rappresentato a sinistra, tuttavia un unicum, in quanto è stato l'unico paese nel quale il partito comunista, nemmeno ai tempi della Guerra Fredda, non è stato isolato all'opposizione, ma comunisti e socialisti hanno cooperato politicamente, nelle amministrazioni locali, nel sindacato, nel movimento cooperativo e nell'associazionismo, sia di categorie professionali (esercenti, contadini, giornalai, rappresentanti di commercio) che sportivo (UISP) e ricreativo (ARCI). Paradossalmente questo tessuto unitario non è stato di nessun vantaggio quando avrebbe dovuto essere posto all’ordine del giorno il superamento delle divisioni del XX° secolo della sinistra. La storia della sinistra italiana, limitandosi al secondo dopoguerra, è soprattutto una storia di scissioni a partire da quella di Palazzo Barberini del 1947 e continuando con quella dello PSIUP del 1964 per la componente socialista, e per la componente comunista quelle successive alla svolta della Bolognina e la formazione del PDS. I tentativi di unificazione a sinistra sono una minoranza, l'unica riuscita è quella tra il PSI di Nenni e il MUP di Basso, cui ha fatto seguito molti, troppi, anni dopo quella socialista di PSI e PSDI. Unificazioni, poche e non riuscite; assorbimenti, invece, molti nel PCI di movimenti della diaspora socialista. L'ultimo tentativo di creare un partito del socialismo europeo in Italia è stata la formazione dei DS, secondo le intenzioni programmatiche lanciate dagli Stati Generali della Sinistra di Firenze del 1998. Come sia finito questo tentativo è cronaca recente con la scomparsa di un partito di sinistra, membro a pieno titolo dell'Internazionale Socialista e del PSE, e la sua sostituzione con un generico PD, nel quale la componente socialista non è percepibile, né politicamente né nella composizione della sua dirigenza, e quella comunista sopravvive nelle cordate, in antiche frequentazioni e nello spirito egemonico. Tra i fallimenti è giusto, “se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi”, annoverare la Costituente Socialista del 2007/2008. Qualcosa in comune hanno questi tentativi falliti di riunificazione della sinistra: il continuismo, nei DS, quello del PCI-PDS e nella Costituente Socialista quello dello SDI. Sia ben chiaro che in questa sede non voglio dare alcun giudizio, tampoco negativo, di cosa abbiano rappresentato il PCI e lo SDI, ma soltanto far notare che a differenza di Epinay non c'è stata la formazione di una forza nuova, o che almeno si presentasse come tale: se Epinay fosse stata percepita come una nuova incarnazione dell SFIO non ci sarebbe stato, né un programma comune della Gauche, né una vittoria alle presidenziali, né la formazione di un partito egemone a sinistra in grado di competere per il governo del paese.

Questa è un'altra particolarità italiana: la sinistra italiana, Fronte Popolare del 1948 a parte, a differenza degli altri paesi europei con un'egemonia socialista democratica, non si è mai presentata agli elettori italiani con una sua autonoma proposta di governo del Paese, sia programmatica che di leadership. L'Ulivo del 1996 e l'Unione del 2006 erano guidate da una personalità degnissima come Prodi, ma lontana dalla sinistra tradizionalmente intesa e sicuramente ostile nei confronti della sinistra prevalente negli altri paesi europei, di cui non condivideva l'orientamento socialista democratico, da lui giudicato sorpassato, così come il comunismo dal crollo del Muro di Berlino.

Prodi è un esponente di una cultura politica, quella democratica-cristiana, che costituisce un'altra delle anomalie italiane e che spiega la debolezza della sua sinistra ed in particolare della sua componente socialista democratica. Soltanto superficialmente la debolezza socialista si può spiegare con la presenza di un forte partito comunista, meglio organizzato ed egemone nel controllo della più forte e rappresentativa centrale sindacale. In base a questi criteri avremmo dovuto avere deboli partiti socialisti in Grecia, Spagna, Portogallo e nella stessa Francia. In tutti quest'ultimi paesi non c'è mai stato un partito confessionale, pluri-classista e stabilmente al centro come la DC, e per di più con venature sociali. Dove c'era, per esempio lo MRP in Francia, non ha mai avuto un consenso elettorale analogo a quello demo-cristiano, ovvero non è mai decollata come in Spagna, malgrado il prestigio di Ruiz Jemenez. Negli altri paesi europei la componente cristiana è sempre stata fortemente presente nella stessa formazione dei partiti socialisti democratici, come nei paesi scandinavi o in Gran Bretagna; in Italia il cattolicesimo politico, anche quello progressista, era invece ontologicamente concorrenziale, se non ostile per ragioni ideologiche, al movimento socialista. Nei paesi impregnati dalla riforma protestante l'appartenenza confessionale non determina alcuna appartenenza politica automatica, per questa ragione i partiti cristiano democratici o popolari si caratterizzano per il loro conservatorismo e rappresentano più la destra civile che il confessionalismo. La DC era invece il partito di raccolta dei cattolici impegnati in politica, che nella particolare situazione italiana dovevano rispondere, oltre che alla propria coscienza, ai desiderata d'Oltre Tevere, cioè, con formulazione più chiara, del Vaticano. La fine della DC, che non era un partito confessionale, non ha migliorato, nel senso dell'autonomia dalle gerarchie cattoliche, il sistema politico italiano, anzi si è aperta una specie di concorrenza tra le formazioni politiche per essere accreditate come interlocutori affidabili. Una situazione spagnola, come quella che si è avuta in Spagna negli ultimi anni di forti tensioni tra la sinistra e la Conferenza episcopale locale, in Italia non è neppure immaginabile.

La sinistra italiana è malata e la sua condizione si è aggravata con la formazione del PD, che per sua definizione non è un partito di sinistra. Tuttavia individuare nel solo PD il responsabile della debolezza della sinistra italiana è errato e soprattutto impedisce di comprendere le cause della sconfitta: l'Italia è l'unico paese della UE in cui la sinistra non è rappresentata nel Parlamento nazionale e nel Parlamento Europeo; da un lato non è una strategia sperare in una crisi del PD e dall'altro l'esistenza del PD assurge a giustificazione dei propri errori. L’autoreferenzialità identitaria e il settarismo delle varie formazioni di sinistra, uniti alla mancanza di realismo e di previsione delle conseguenze delle proprie azioni, sono spiegazioni dei propri errori: basta per tutti la decisione di accelerare la crisi del Governo Prodi e quindi di concorrere, insieme con Veltroni, a provocare elezioni anticipate con la stessa sciagurata legge elettorale del 2005. Di solito l'Arcobaleno segna la fine del diluvio, invece nel 2008, come ben sappiamo, l'ha anticipato. La particolarità italiana ha finora giustificato un percorso separato dal resto della sinistra europea, che pur non essendo immune da errori e contraddizioni, anche in caso di sconfitte elettorali può sempre ricandidarsi come alternativa di governo. In ordine di tempo l'ultimo caso è quello della SPD, che, dopo una gravissima e recente sconfitta elettorale, ora conta con il 32% delle intenzioni di voto, che unito al 18% dei Verdi, rappresenta una potenziale maggioranza alternativa al governo liberal-democristiano della Merkel. Gli stessi segni di ripresa si constatano anche in Francia e non sono solo potenziali, ma confortati dai risultati per il rinnovo dei consigli regionali, tutti conquistati dalla sinistra nella Francia metropolitana ad eccezione di uno. Per il Labour Party britannico la Conferenza di Manchester (24-30 settembre 2010), quale che sarà l'esito della sfida tra i fratelli Miliband, sarà sicuramente un rilancio, grazie anche alla difficile coesistenza di Liberali e Conservatori nel governo Cameron. In Italia le gravi difficoltà del governo in carica, che non ha più la maggioranza alla Camera dei Deputati non preludono, invece, ad una vittoria dell'opposizione, che teme le elezioni anticipate. I progetti del PD, del Centro e dell'IdV non sono né chiari, né omogenei e soprattutto in questo quadro non c'è un ruolo autonomo della sinistra, nelle sue varie accezioni, a prescindere dalla decisione di Vendola di concorrere alle eventuali primarie del PD. Non è la scoperta di un leader che basta a superare le difficoltà politiche e strutturali, in cui si dibatte (senza dibattito) la sinistra. Questa nostra sinistra non ha ancora una direzione di marcia definita per la sua ricomposizione e il suo rinnovamento. Non è una questione di formule, come è quella del socialismo europeo, ripetute come mantra da alcuni (tuttavia minoritari), e neppure della parola d'ordine dell'unità. In ordine di tempo il fallimento di Sinistra e Libertà delle elezioni europee, pesa ancora: un segno che non ci sono scorciatoie. Senza una generale, determinata e diffusa, crescita di un processo dal basso è illusorio sperare, che i gruppi dirigenti possano intercettare, interpretare e tradurre in azione le aspirazioni e i bisogni di questo popolo della sinistra.

Obiettivi chiari e una direzione di marcia. In questo senso il Congresso di Epinay rappresenta un esempio ed una lezione per la sinistra italiana. In primo luogo una rifondazione della sinistra non può essere sommatoria di identità, che non vogliono fondersi, e neppure l'ennesima reincarnazione di uno dei soggetti costituenti, come è stato per PDS e DS . In secondo luogo deve, senza ambiguità, voler costituire un partito a vocazione maggioritaria della sinistra. Nello stesso tempo chi volesse dar corpo al progetto deve coerentemente agire non solo a livello politico, ma anche sindacale con l'obiettivo della costruzione di un sindacato unitario e autonomo. In tutti i paesi europei con un partito di sinistra competitivo per il governo si ha un rapporto forte con una centrale sindacale unitaria. Altra scelta è quella di un partito laico, che nel resto d'Europa va da sé, ma che in Italia si scontra con la particolarità vaticana, ma sostituendo al rapporto con le gerarchie quello con le comunità dei credenti, il cui apporto a una nuova sinistra è altrettanto importante di quello degli ambientalisti e dei libertari. . Quando la fede è un modo di stare nel mondo e non una Weltanschauung come è spesso la religione, il terreno di intesa è più facile e fecondo per tutti, credenti e non credenti. Last but not least, da ultimo ma non meno importante, occorre definire un programma che aggredisca le diseguaglianze, che contrassegnano il nostro paese in modo intollerabile: diseguaglianze di diritti, di opportunità e di condizione economica e sociale.