mercoledì 13 maggio 2015

IL SÌ DEL QUIRINALE

Da Avanti! online

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di Ginevra Matiz

 

Mattarella firma l’Italicum e Pippo Civati lascia il Pd mentre a sinistra si annuncia la possibile nascita di una nuovo partito (Vendola). “Esco dal gruppo del Pd. Per coerenza con quello in cui credo e con il mandato che mi hanno dato gli elettori, non mi sento più di votare la fiducia al governo Renzi. La conseguenza è uscire dal gruppo”. Alla fine Civati ha deciso. Dopo diversi annunci e dopo essersi avvicinato alla porta più in più di una occasione, questa volta il deputato della minoranza Pd ha deciso di attraversare il Rubicone. La goccia è stata l’approvazione del “Renzellum”, la nuova legge elettorale, con l’imposizione del voto di fiducia da parte del presidente del consiglio. Legge appena firmata dal Presidente della Repubblica. Firma che secondo alcuni non avrebbe dovuto apporre. Tra questi il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo: “Il Presidente della Repubblica è un costituzionalista – aveva detto poco prima della firma –  dovrebbe vedere se ci sono alcuni aspetti che secondo me sono molto forzati”.

    Ieri sera, evidentemente in modo non casuale, Vendola aveva annunciato di essere pronto a sciogliere il gruppo parlamentare “formare un raggruppamento nuovo, più grande”. Per Vendola questa trasformazione nasce dal bisogno di “movimentare la scena perché – aveva concluso – questa puzza di autoritarismo che promana Palazzo Chigi è insopportabile”. Da Sel ha parlato anche il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni: “Siamo pronti a discutere con Civati e dare vita al più presto ad una forza politica in grado di dare voce alle tante distanze dal Pd che sono vicinanze per Sel. Siamo pronti a mettere in discussione l’assetto dei nostri gruppi parlamentari e del partito perché sappiamo che oggi è il tempo per costruire una risposta”, ha aggiunto. Insomma l’approdo di Civati a Sel sembra scontato, anche se probabilmente avverrà in un secondo tempo dopo un passaggio al gruppo misto, ma soprattutto e da vedere se la sua decisione, ormai nell’aria da tempo, rimarrà un caso isolato o sarà seguita da altri dissidenti della sua area. Nel Pd – ha scritto Civati sul proprio blog – “hanno promosso e approvato, senza voler parlare, di leggi elettorali, riforme del lavoro e della Costituzione, cementificazioni e trivellazioni, e ce li siamo trovati in tivù a deridere le ragioni di chi difende l’ambiente o crede che il futuro passi attraverso soluzioni differenti. Peccato (soprattutto per loro): perché invece il futuro sarebbe a portata di mano, basterebbe imparare a sposare tradizione e cambiamento, coniugando cose antiche come i diritti e nuovissime come l’innovazione”.

    Dalla maggioranza del Pd nessuno sembra stracciarsi le vesti. L’uscita di Civati è un problema in meno a meno che non diventi il primo di una serie di deputati che seguano la stessa strada. Ipotesi al momento molto improbabile. Il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini ha detto di essere “dispiaciuto ma era una decisione preannunciata da tempo”. Per quanto riguarda la maggioranza al Senato Guerini dice di non essere “impensierito, non credo che la minoranza Pd lo seguirà”. Civati “da tempo non votava in Aula a sostegno del governo – ha proseguito Guerini -. La sua scelta era nell’aria, noi rispettiamo la sua scelta”. Guerini non crede che la scelta di Civati possa influire su altri deputati e senatori non troppo allineati con il segretario-presidente e sottolinea comunque di non aver timore che si crei un nuovo soggetto a sinistra del Pd: “Già c’è e noi ci confrontiamo con loro”.

    Per il deputato riformista Dario Ginefra “non può far piacere l’uscita da un partito di qualsivoglia iscritto, figuriamoci di una persona con le qualità di Pippo, ma la notizia della la sua scelta contribuisce a far chiarezza. Si tratta in fondo della cronaca di una morte annunciata”.  Corradino Mineo ha già detto che non seguirà la scelta di Civati: “Il Pd è la nostra trincea, mollare sarebbe come disertare. Quanto è accaduto – dice il senatore ‘civatiano’ – è una cosa grave: Civati era uno dei due sfidanti di Renzi alle primarie e la sua uscita e la prova che prosegue il mutamento genetico del Pd di Renzi”.

    Un’uscita che per Vannino Chiti non è da sottovalutare. “L’uscita di un dirigente giovane come Civati è un segnale negativo. Esprime un disagio e delle insoddisfazioni dovute non soltanto a scelte che si possono non condividere, ma anche a un divario tra quello che il Pd dovrebbe essere e quello che è realmente, anche nei territori”. Preoccupazione arriva anche dall’ex capogruppo Roberto Speranza e parla di “un atto che deve farci riflettere e non può essere liquidato con una semplice alzata di spalle. Testimonia un malessere di tutto il Pd. Vedere Bondi che vota la fiducia e sentire un mondo largo, il nostro, molto critico con il Pd provoca inquietudine nell’elettorato. L’uscita di un candidato segretario che alle primarie ha preso 40 mila voti deve essere oggetto di riflessione” conclude Speranza.

    Un’uscita che probabilmente renderà più facile la strada del governo perché toglie forza a un’opposizione interna che stava diventando un freno. Un oppositore fa più danni da dentro che da fuori. Da Renzi, per ora, neanche una parola, impegnato in un incontro con i parlamentari del Pd, sul problema della riforma della scuola.

 

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