Che il Pd fosse, geneticamente, impossibilitato a divenire un partito lo abbiamo sostenuto più volte. I fatti ci stanno dando ancora una volta ragione, ma che si arrivasse a questo punto, era difficilmente immaginabile. E, anche solo raccontare il caos imperante, è impresa ardua.
di Paolo Bagnoli
Ciò che si può dire è, a situazione data, che il Pd non dà garanzia alcuna di essere la soluzione né per la crisi politica aspra che investe la Repubblica né per il governo del Paese.
Questa situazione rappresenta per qualcuno la fine di una speranza, per altri la conferma che i pasticci generano solo pasticci. Oramai non ci crede più nemmeno Prodi, padre nobile e tradito che ha confermato la veridicità del detto secondo cui la vendetta si consuma a freddo. Nemmeno Prodi, tuttavia, è esente da responsabilità; ma facciamogli almeno l’onore delle armi, come dignità richiede.
Nel Pd il momento della scissione tra le due anime questa volta sembra aver fatto qualcosa di più che un semplice capolino sulla ribalta. A cancellare ogni equivoco su cosa il partito non deve assolutamente essere ci ha pensato Giuseppe Fioroni il quale, alla notizia che Epifani avrebbe organizzato per il prossimo febbraio a Roma il congresso del Pse, ha detto con chiarezza: "Sarebbe una mutazione genetica che trasformerebbe i democratici in un soggetto di sinistra e annullerebbe di fatto lo scioglimento della Margherita. Nelle clausole risolutive del patto fondativo del Pd era espressamente indicata la condizione di non iscriversi al Pse" (Corriere della Sera,10.11.2013). Tra tante altre interessanti cose, Fioroni ha aggiunto che il fine del soggetto era quello “di superare le vecchie famiglie europee, mettendo insieme moderati e riformisti”. Vaste programme, cher monsieur.
Vediamo, allora. In primo luogo: che senso avrebbe per un partito non aderente al Pse organizzarne il congresso? Di riscontro: secondo quali presupposti il Pse potrebbe dare in appalto a una forza estranea un simile evento, e per di più alle soglie delle elezioni europee? Forse perché spera che il Pd entri nel Pse o forse perché il Pd vuole entrarvi. Tutto può essere. Ma, se così fosse, non ci sembra questa la prassi più seria.
Il Pd non appartiene a nessuna delle strutture internazionali del socialismo. E ciò in coerenza con se stesso, poiché, come ricorda Fioroni, il suo fine era il "superamento" di cui sopra. D’altronde Veltroni – ricordate? – aveva declamato che “il socialismo è morto e la sinistra è finita.” Da qui la conferma certificata del fatto, anche questo da noi sostenuto, che il Pd non può essere una forza della “sinistra” intendendo se stesso appunto come "superamento delle vecchie famiglie".
Ritenere il socialismo morto significa porsi oltre. Dove? In un altrove che è rimasto a tutt'oggi sconosciuto, eccezion fatta per la sua distanza dalla storia, la funzione, i valori e la cultura del movimento operaio, cioè dal motivo conduttore del socialismo europeo e della sinistra in generale. Essere posizionati alla sinistra di Berlusconi non vuol dire essere la “sinistra”.
Che al Parlamento europeo vi sia un gruppo “dei socialisti e dei democratici” riflette una necessità parlamentare, non un indirizzo strategico: necessità che è stata equivocamente usata per mere esigenze tattiche creando confusione e, talora, pure inganno. Dunque, il Pd non riesce a essere un partito. Ma, se vi riuscisse, sarebbe quello indicato da Fioroni. E a corollario di ciò domandiamo ancora una volta che cosa rappresenti il Psi (partito membro del PSE) se non riesce nemmeno a mugolare come il coro muto della Madame Butterfly!
Tutto ci conferma nel convincimento che, nel quadro ricostruttivo della democrazia italiana, la questione della ripresa socialista, cui è strettamente collegata quella della sinistra, è assolutamente tra quelle centrali. Occorre un socialismo di sinistra, un pensiero politico autonomo, compiuto e marcatamente europeista.
La verità, anche in questo caso, è semplice: per il socialismo occorrono i socialisti, fieri e consapevoli di esserlo e di volerlo essere; occorre una ripresa dell’elaborazione culturale, a partire dalla concretezza delle questioni sociali drammatiche che sono sul tappeto. Occorre uscire dal sonnecchiamento in cui tanti luoghi socialisti sono stati fino ad oggi, per tentare un’impresa assai difficile, come lo sono quelle che si pongono quali scommesse sulla storia: quella del presente e del futuro, s’intende, nel solco di un’identità ideale che viene dal passato.
Le scommesse sulla storia non hanno mai certezze. E tuttavia la loro assenza non è nemmeno rassegnazione, ma solo correa negativa responsabilità.
Noi crediamo che le battaglie si danno perché si ritiene sia giusto e doveroso farlo. Quali saranno i loro esiti mai nessuno può dire.
IPSE DIXIT
L’avvenire degli schiavi - «L'avvenire è il solo tipo di proprietà che i padroni concedono volentieri agli schiavi.» – Albert Camus
Uomo in rivolta - «Cos'è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no.» – Albert Camus
La creatura - «L'uomo è la sola creatura che rifiuti di essere ciò che è.» – Albert Camus
Mezzi e fini - «Il fine giustifica i mezzi? È possibile. Ma chi giustificherà il fine? A questo interrogativo, che il pensiero storico lascia in sospeso, la rivolta risponde: i mezzi.» – Albert Camus
Infine - «L'uomo infine non è interamente colpevole, non ha dato inizio lui alla storia; né del tutto innocente, poiché la continua.» – Albert Camus