Parliamo di socialismo
a cura della Fondazione Pietro Nenni
http://fondazionenenni.wordpress.com/
La differenza tra amministrare e governare
di Riccardo Campa
Credo che nell’articolo del 3 ottobre, “Quel che manca a Renzi”, Giuseppe Tamburrano abbia colto perfettamente il nocciolo della questione. Aggiungo un’ulteriore considerazione. Non solo al sindaco di Firenze manca un’idea di partito, un’idea di sinistra. Gli fa difetto pure un’idea di nazione e del ruolo che essa dovrebbe avere nel contesto internazionale. Non ha una visione geopolitica.
Qualche giorno fa, Eugenio Scalfari ha paragonato Renzi a Craxi, stigmatizzando di entrambi la grande ambizione e il pragmatismo amorale. Tuttavia, il direttore di Repubblica ha anche riconosciuto che l’ex leader socialista – a differenza di Renzi – aveva una “visione politica”. E questo riconoscimento gli deve essere costato parecchio, vista l’antipatia che nutriva per lo scomparso leader socialista. In sostanza, il fondatore di «Repubblica» ha detto che «Renzi è peggio di Craxi» e che, in caso di sua vittoria alle primarie, non voterà PD.
Considerando il peso mediatico del gruppo editoriale che rappresenta, si tratta di un’affermazione di non poco conto. Qualcuno dice che, una volta accettato il meccanismo delle primarie, è scorretto fare saltare il tavolo quando non vince il proprio candidato. Verissimo. Ma questo vale per i politici, non per i cittadini. I cittadini sono liberi di votare chi vogliono. Ora, il paradosso è che certi cittadini – per esempio gli opinionisti carismatici e gli imprenditori a capo di grossi gruppi editoriali – hanno non di rado più potere dei politici di professione. Perciò, queste primarie di coalizione rischiano di diventare l’ennesimo suicidio della sinistra, dando una chance ad un centrodestra che è ormai alla canna del gas.
Andiamo più in dettaglio nel paragone di Scalfari. Giuste o sbagliate che fossero, Craxi aveva delle idee. Aveva un’idea di partito: voleva tenere il PSI saldamente all’interno della famiglia socialista europea. Aveva un’idea di Stato: voleva una nazione più governabile, capace di prendere decisioni e di prenderle rapidamente. Ma tutto questo era funzionale a supportare una precisa prospettiva geopolitica, volta a sganciare gradualmente l’Italia tanto dalle influenze sovietiche (che ci investivano per tramite del PCI), quanto dalle influenze statunitensi (che si esercitavano per tramite del blocco moderato DC-PRI-PLI-PSDI). Autonomia dal PCI e dalla DC significava anche autonomia dalle due superpotenze. Craxi voleva ritagliare all’Italia un ruolo da media potenza, autonoma a livello di politica estera e approvvigionamenti energetici, al pari di Francia e Inghilterra.
E veniamo a Renzi. Non può non fare simpatia quando dice che le cariatidi devono fare un passo indietro, come avviene in tutte le democrazie sane. Chi ha fatto tre legislature, quindici anni in Parlamento, torni al suo lavoro, scriva libri, si riposi, dedichi le proprie energie ad associazioni e fondazioni. Abbiamo bisogno di facce nuove.
Però, abbiamo anche bisogno di idee nuove. Per un certo periodo, Renzi ha eluso la questione. Poi, ha messo insieme un programma. Quando ci parla finalmente del programma, e non del conflitto generazionale, il sindaco di Firenze snocciola “riformine amministrative”: prendo un miliardo qua e lo metto la’, meno sprechi di qua, più asili nido di là, recupero le caserme così non devo cementificare altro territorio, ecc. “Riformine” che sono certamente utili e intelligenti, ma può un premier fermarsi qui? Dov’è la filosofia politica, la dottrina dello Stato, la geopolitica? Se non chiarisce questi aspetti, Renzi va bene per amministrare un condominio, un quartiere, una citta’, non certo per governare una nazione o guidare un grande partito.