I celebri versi ungarettiani – Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie – non alludono soltanto all'Eneide (VI, 309-312), ma anche all'imperatore Guglielmo di Germania che, nell'agosto del 1914, aveva predetto ai suoi soldati in partenza per il fronte: «Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie».
Nella primavera dell'anno successivo – dopo che le verdi chiome si erano ormai da tempo trasfigurate in fango – Clara Zetkin riuniva a Berna l'Internazionale Socialista delle Donne, il cui manifesto formulava questa duplice domanda: «Dove sono i vostri mariti? Dove i vostri figli?».
A nove mesi dall'inizio della guerra che doveva porre fine a tutte le guerre: «Essi ormai a milioni riposano nelle fosse comuni. A centinaia e centinaia di migliaia nei lazzaretti, i corpi straziati, gli arti maciullati, gli occhi spenti a ogni luce, distrutto l'equilibrio della mente, giacciono assediati da epidemie o prostrati dallo sfinimento. Le città e i villaggi incendiati, i ponti in rovina, i boschi distrutti e le seminagioni sconvolte fanno segno alle loro gesta».
La Seconda Internazionale era morta, di fatto, da quando vari partiti – tra cui quelli di Francia, Gran Bretagna e Germania – si erano allineati agli interessi delle rispettive nazioni e dei rispettivi governi. Il nono congresso dell'Internazionale, convocato nell'agosto 1914 a Vienna, non aveva avuto luogo. Ma intorno al movimento delle donne guidato dalla Zetkin si era andato formando un Comitato Socialista Internazionale, detto anche "Internazionale di Berna", al quale si deve la convocazione di tre Conferenze Internazionali per la pace.
La Prima Conferenza Internazionale si tiene a Zimmerwald, in Svizzera, dal 5 all'8 settembre 1915 e fa propria la mozione da un delegato russo, Lev Trockij, non ancora aderente alla frazione bolscevica. La mozione di Trockij, che si prefigge una cessazione generale delle ostilità "senza cessioni o annessioni", prevale su quella presentata da Lenin che chiede di trasformare la guerra imperialista in guerra civile. Le finalità zimmerwaldiane sono ribadite con forza nell'aprile 1916 a Kienthal, sempre in Svizzera, nel corso di una Seconda Conferenza Internazionale. E nella Terza Conferenza, che ha luogo a Stoccolma nell'estate del 1917, Angelica Balabanoff, convinta sostenitrice della linea di Zimmerwald, è eletta, con voto unanime Segretaria generale.
Ma al terzo anno di guerra i tempi si sono fatti cruenti come non mai. Lo testimonia anche un editoriale dell'ADL che il 22 settembre 1917 lancia questo interrogativo, marziale fin dal titolo: «L'ora della resa dei conti è vicina?».
Dalla frontiera italo-svizzera, che "torna permeabile" e che anche grazie alle notizie portate dai passatori permette di capire meglio la situazione in Italia, si apprende che: «Torino ha dato un formidabile crollo al regime di guerra: un grido solo ha echeggiato per le vie della industriale città proletaria: "Pane e non guerra". Grido di minaccia e di battaglia» (ADL 22.9.1917).
Il governo italiano, come ai tempi di Crispi e di Bava Beccaris, risponde al popolo facendo fuoco. Quelle stesse mitragliatrici che i metalmeccanici torinesi avevano «fabbricate pel "nemico", sono usate dal capitalismo contro il "nemico esterno" o contro il "nemico interno"(…) indifferentemente». Da Londra a Stoccolma rimbalza un bilancio di cinquanta morti, numerosi i feriti, migliaia gli arrestati. Ma la situazione, da ciò che trapela attraverso il Comasco e la Val d'Ossola, è più grave: «le ultime notizie portano a seicento i morti, donne e fanciulli in abbondanza, che giacquero insanguinati sulle vie, e si spensero sotto l'unghia ferrata della Cavalleria italiana» (ADL 22.9.1917).
Esagerazioni? «È accertato che tutti i dirigenti del movimento sovversivo ed i Comitati direttivi delle organizzazioni sindacali sono arrestati. La Camera del Lavoro occupata dalle autorità militari. È accertato che bersaglieri e fanteria si sono rifiutati di sparare sulla folla. È accertato che gli ufficiali mitraglieri sono scesi a mitragliare il popolo, e l'hanno fatto con satanica voluttà» (ADL 22.9.1917).
L'editoriale dell'ADL del 22 settembre 1917
L'incendio, giungendo ormai alla casa della mobilitazione totale, ha assunto il carattere pervasivo di uno stato d'emergenza che dilaga.
«Ancora: a Genova, ad Alessandria, a Torino, sotto la formula della "Zona di guerra" viene dichiarato lo stato d'assedio. Anche ad Alessandria ed a Genova, una spallata rivoluzionaria deve avere squassato i poteri statali.
Ancora: in provincia di Como, ad Albese, il Sindaco socialista viene colpito con tre anni di sospensione dai pubblici uffici per avere inscenata e capitanata una violenta dimostrazione del popolo.
Ancora: Costantino Lazzari [leader del PSI, ndr] viene dall'onorevole Orlando deferito al Procuratore del re per una circolare diramata alle Amministrazioni comunali socialiste di tutta Italia, invitante alle dimissioni in massa per protesta clamorosa contro la guerra.
Ancora: dappertutto (…) i centri d'infezione social-pacifista, leninista – [dice] il rivoluzionarissimo foglio di Mussolini – si sviluppano, si estendono, minacciano.
Il grido di spavento della borghesia (…) si traduce in pressanti inviti alla reazione, fulminea, sanguinosa. "L'ordine di Varsavia" è richiesto a gran voce dal Popolo d'Italia che vuole lo stato d'assedio (…) e la fucilazione dei socialisti, in massa» (ADL 22.9.1917).
Il “rivoluzionarissimo”Mussolini, e il suo “rivoluzionarissimo”quotidiano, il Popolo d'Italia, stanno avvistando lo strumento principe di quella che sarà la prima "rivoluzione conservatrice" d'Europa. L'estensione totalitaria dello stato d'assedio consentirà al futuro duce di riaffermare il primato della nazione, dell'ordine e della disciplina, mostrando a tutti la via lungo la quale l'ondata rossa va fermata. Manganello e olio di ricino diverranno così i simboli della repressione fascista che opererà come risposta minuziosa e implacabile al tumulto leninista.
“Trasformare la guerra imperialista in guerra civile” – questa parola d'ordine era sì uscita minoritaria da Zimmerwald. Ma nell'estate infuocata del 1917 il bolscevismo riemerge come dispositivo d'emergenza a salvaguardia della Rivoluzione russa (di Febbraio!) e dei movimenti internazionalisti per la pace. Poco importa qui misurare quanto il sostegno del Kaiser tedesco potesse avere trasmesso a Vladimir Il'ič Ul'janov la spinta decisiva verso la conquista del potere. Il punto è che adesso tutto cambia di nuovo e l'intero grande veicolo dell'establishment bellico europeo già fa "macchina indietro tutta".
Di fronte alla "trasformazione" leniniana del bellum in tumultus, le destre reazionarie si predispongono per parte loro a riassorbire il tumulto dentro un “rivoluzionarissimo”stato di guerra, d'assedio e d'eccezione sparato ad alzo zero sulla protesta popolare. Eccola qui, la nuova normalità nazional-fascista, l'ideazione in gestazione di una forma di Stato che è figlia ultimogenita della Prima guerra totale e che nasce già gravida della Seconda. È il suicidio d’Europa che vuol consumarsi fino al fondo sfondato della sua deflagrante civiltà.
«L'antagonismo tra la classe borghese e le folle proletarie coscienti è alla fase più acuta della storia.
Vi è dunque in Italia una situazione minacciosa. Una situazione che non è più allo stato potenziale. (…)
Il "grisou" anti-guerresco, anti-borghese, socialista è nel cuore e nello spirito delle folle. (…)
L'inverno prossimo sarà risolutivo. Il grido di Treves: "Quest'inverno non più in trincea" è oramai programma. (…)
Vi siamo dunque? Siamo alla resa dei conti? L'ora è vicina? Sta per iscoccare?
(…) L'urto è inevitabile. È incominciato. Le fasi successive ci daranno la battaglia campale. Tutta l'anima nostra, tutto il cuore nostro, tutta la passione nostra, per la rivoluzione sociale» (ADL 22.9.1917).
La categoria politica della "rivoluzione sociale" fa qui la sua comparsa in un'accezione completamente diversa rispetto al significato che a essa attribuirà a Livorno nel 1921 il padre del riformismo italiano.
Per Filippo Turati la "rivoluzione sociale" ha luogo nelle menti e nei cuori delle masse, nella trasformazione quotidiana dei rapporti tra le classi e tra le persone, in una prospettiva assolutamente estranea rispetto a quella dello stato di guerra, d'assedio, o d'eccezione. È l'esatto contrario della "rivoluzione politica" che invece accade come rottura della forma statuale vigente dopo la conquista delle casematte del potere.
Questo è il punto dolente. Su di esso Turati il 19 gennaio del 1921 a Livorno dirà: «Tutte forme queste – violenza, culto della violenza, dittatura del proletariato, persecuzione dell'eresia – che (…) hanno un solo presupposto (…) che per noi è l'illusione – che la rivoluzione sociale, intendiamoci, non una rivoluzione politica, che abbatte e cambia sistema, sia il fatto volontario di un giorno o di un mese o di qualche mese, sia l'improvviso alzarsi di un sipario, il calare di uno scenario nuovo, sia il domani di un posdomani di un calendario, mentre il fatto di ieri, di oggi, di sempre, che esce dalle viscere stesse della società capitalistica, di cui noi creiamo soltanto la consapevolezza, che noi possiamo soltanto agevolare nei molteplici adattamenti della vita politica, ma non possiamo né creare, né apprestare, né precipitare, che dura da decenni, che si avvererà tanto più presto quanto meno lo sforzo della violenza (…) provocante, bruta, prematura, e quindi destinata al fallimento, esasperando resistenze avversarie e provocando reazioni e controrivoluzioni, le ritarderanno il cammino e l'obbligheranno di ritornare su se stessa.» (Dalla trascrizione stenografica del discorso di Filippo Turati a Livorno, ripubblicata integralmente sull'ADL del 19.11.2008, pp. 106sg.).
(28. Continua)
Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.