IPSE DIXIT
Come nel 1914 - «Un conflitto tra Giapponesi e Cina per un isola. Oppure l'incontro di truppe Nato e truppe russe in Lettonia o in Polonia. O tra truppe americane e russe in Siria. O il fatto che l'IS si doti di armi sofisticate. E poiché sono tutte cose possibili, la probabilità che se ne verifichi una è molto alta.». – Jacques Attali
Giappone - di Yukari Saito / Centro di documentazione “Semi sotto la neve”
“Arrivederci a presto” dicono i cittadini alla Carta. Così a caldo, dopo l’approvazione del pacchetto sulla sicurezza che attenta al carattere pacifista della nostra Costituzione giapponese, mi sento solo di dire due cose che credo siano importanti.
1) A dire il vero, almeno da 14 mesi mi ero psicologicamente preparata al peggio (benché continuassi a sperare in qualche svolta, per es. in un ripensamento del Komeiito – Sokagakkai) e mi immaginavo profondamente disperata e delusa per questo “lutto”. Invece, è successo, stranamente, un esatto contrario: oggi, ho più speranza e fiducia nella democrazia e nella società giapponese di quanto ne avessi 14 mesi fa. Perché?
Per due motivi.
Il primo: i metodi cosi meschini (inganni, minacce e una spudorata mancanza di rispetto alle regole) adottati dal governo e i dibattiti parlamentari negli ultimi mesi (da cui Abe & Co escono veramente miseri smascherati dalla loro falsità e ignoranza) dimostrano chiaramente da che parte stia la ragione. In altre parole, senza ricorrere a questi mezzi e ragionamenti fascisti e dittatoriali, non ci sarebbero riusciti. Questo sembra molto più chiaro oggi a tanti cittadini e anche ai parlamentari rispetto a diversi mesi fa.
E’ stato quindi utile, direi quasi salutare, per la nostra democrazia.
Poi, credo che le cose intrinsecamente contro natura – come questo attentato alla Costituzione – non durino a lungo.
Il secondo motivo: mi sono resa conto solo negli ultimi due anni quanto io sia profondamente legata alla Costituzione giapponese, non credo di esagerare nel dire di averla “in ogni cellula del mio essere”. E mi sembra di capire che il mio caso non sia cosi isolato. Come succede sempre, quando sei davanti al rischio di perdere qualcosa ti rendi conto di quanto essa sia importante per te.
E ho l’impressione che attraverso le ultime esperienze non sia solo il nostro amore per la Carta a uscire rafforzato ma anche la nostra consapevolezza, la nostra coscienza della democrazia. Molti, soprattutto giovani, hanno capito che la democrazia è una cosa tosta, molto impegnativa ma molto preziosa, probabilmente più di quanto avevano sperimentato le generazioni precedenti. I movimenti popolari in passato erano più o meno organizzati e la maggioranza si muoveva seguendo l’ordine di qualcuno o ripetendo gli slogan pensati da qualcuno, mentre oggi, i giovani si esprimono ognuno con le sue parole, si sforzano a pensare con la propria testa. Ho notato questo attitudine anche in una parte dei parlamentari dell’opposizione.
Sento perciò che oggi è il primo giorno di vita del nuovo germe della democrazia, questa volta veramente nostra, non più regalata, ma conquistata con le nostre mani.
Un altra nota personale: ho vissuto finora una specie di complesso di inferiorità nei confronti dei sudcoreani e dei taiwanesi che hanno una storia molto dura di battaglie per la democrazia. Ma, credo che ora anche i giapponesi si trovino finalmente sulla strada “giusta”.
2) Un’altra cosa che volevo dire riguarda specificamente noi giapponesi residenti all’estero.
Si tratta del serio rischio a cui la nuova posizione del Giappone (anche se tutto resta ancora da vedere se non venga annullata dalla Giustizia) ci espone, soprattutto nei paesi “instabili” come l’Afghanistan, l’Iraq ecc. dove ci sono i miei connazionali che (con o senza un’ONG) lavorano da anni per il bene della popolazione locale. La nostra cittadinanza era per noi una grande garanzia, cioè, come paese neutrale, “disarmato” godere della fiducia di tutti.
Invece, da domani le cose cambieranno, rischiamo di diventare “tutti americani”!!
Perciò credo (e non sono l’unica) che abbiamo doppiamente il diritto di indignarci e di ripudiare il governo Abe, a prescindere dalle nostre opinioni politiche.