giovedì 14 marzo 2013

Parliamo di socialismo

a cura della Fondazione Pietro Nenni

http://fondazionenenni.wordpress.com/


L'Internazionale va rilanciata, ma. . .


Un'ottica soltanto europea non basta a una sinistra che voglia essere soggetto attivo a livello planetario, come planetarie sono le sfide dello sviluppo economico, dei diritti dei popoli e della democrazia. L'Internazionale Socialista va rilanciata, ma senza pensare a un centro organizzatore della rivoluzione socialdemocratica nel mondo.


di Felice Besostri


L'art. 1 dello Statuto dice che "L'Internazionale Socialista è un'associazione di partiti e organizzazioni politiche che cerca di stabilire il socialismo democratico", e precisa all'art. 2 che lo scopo di questa associazione è "rafforzare la collaborazione tra i partiti affiliati e di coordinare il loro atteggiamenti e attività con il consenso".

    Non esistono deliberazioni vincolanti. Se anche fossero previste, non ci sarebbero strumenti coercitivi per farle rispettare: questa è la grande differenza con le esperienze dell'Internazionale Comunista (Komintern) o del Information Bureau of the Communist and Workers' Parties (Kominform), due denominazioni, anodine per questioni d'immagine, dietro le quali si nascondeva il ferreo controllo del PCUS.
    Nelle critiche all'Internazionale Socialista si coglie un modello di Internazionale, che non è quello socialista democratico. La sanzione massima, l'espulsione, è difficilissima in quanto è di competenza del Congresso e a maggioranza qualificata dei 2/3 (art. 5.1, 3 Statuto).

    L'Internazionale Socialista non può essere altro da quello che i partiti, specialmente i maggiori, vogliono che sia. Basta guardare il bilancio del 2010, l'ultimo pubblicato, per capire che non è una priorità per i partiti socialisti. Il totale delle entrate ammonta a Sterline 1.180.127 , aumentato a Sterline 1.380.000 nel 2011, cioè € 1.595.000: nello stesso anno il bilancio del PSE prevede entrate per € 5.187.221, più di 3 volte tanto. Lo staff assorbe un quinto del bilancio e non superava al momento del suo splendore, cioè con la segreteria generale dell'amico Berndt Carlsson (morto nell'attentato libico di Lockerbie all'aereo della Pan Am il 21 dicembre 1988) la decina di persone, fattorini compresi.

    La forza dell'IS è sempre stata quella del prestigio dei suoi leader, oltre che il nominato Brandt, Olof Pame, Felipe Gonzales, Lionel Jospin, Bruno Kreisky e anche Bettino Craxi, che facilitò l'ingresso del PDS o i dirigenti del Partito laburista Israeliano, quando erano la forza egemone in quel paese: un epoca finita, non solo simbolicamente, con l'assassinio di Itzak Rabin.

    L'IS, il cui attuale presidente Papandreu è stato, nei fatti, abbandonato dai grandi partiti socialisti, che non erano al governo in nessuno dei paesi guida, merita invece un rilancio almeno per due ragioni. La prima è la attualità e validità della sua Dichiarazione dei Principi approvata dal 18° Congresso di Stoccolma del 1989, frutto di una Commissione presieduta, se ben ricordo, da Felipe Gonzales. Un documento che contiene le linee per un diverso ordinamento mondiale in buona parte coincidente con quelle dei Forum Social Mundial, iniziati a Porto Alegre nel 2001. La seconda è che tra i suoi membri effettivi c'è un piccolo partito, l'Alleanza Social Democratica di Islanda, nato da un'unificazione tra socialdemocratici e comunisti, al governo insieme con un Partito di sinistra alternativa, grazie a elezioni vinte superando la maggioranza assoluta, senza aiuto di abnormi e porcellosi premi di maggioranza e che nella crisi finanziaria ha preferito, sotto la pressione di due referendum popolari, far fallire le banche piuttosto che strozzare i propri cittadini.

    Speriamo che una rinnovata attenzione per l'Internazionale Socialista spingerà qualche editore a pubblicare in Italiano la monumentale Geschichte der Internationale (Storia dell'Internazionale) del socialista austriaco Julius Braunthal. La mancata pubblicazione spiega, tra molti altri fattori, la superficialità, in generale, o comunque la sottovalutazione, con le quali si affronta il tema della dimensione internazionale della sinistra. Persino il PSI fu lasciato fuori dall'IS, che riconosceva soltanto il PSDI, che peraltro aveva tra i suoi ranghi l'ultima leggendaria esponente attiva di una generazione di rivoluzionari Angelica Balabanoff.

    Se si fosse dedicato lo stesso tempo ed energie a riflettere sulla crisi ed inadeguatezza degli strumenti di cooperazione oltre le frontiere, di quello dedicato al sub-comandante Marcos, saremmo in una situazione migliore: se esiste un complotto mondiale della grande finanza e delle multinazionali, dovrebbe essere logico costruire strumenti di iniziativa politica allo stesso livello.

    Pur con i suoi limiti, almeno il campo sovietico, garantiva l'esistenza di un polo alternativo. Ora la diminuzione di controlli sui movimenti di capitale e l'incompiuta costruzione, a livello continentale, di organizzazioni di cooperazione economica e politica in grado di progettare scelte di sviluppo alternative a quelle dettate dal solo profitto a breve termine, rende necessaria l'esistenza di un'organizzazione come l'Internazionale Socialista, in grado di estendere la cooperazione oltre i partiti variamente affiliati, come previsto dall'art. 2 comma 2 dello Statuto: "L'Internazionale Socialista cercherà anche di estendere le relazioni tra l'IS e altri partiti orientati in senso socialista, non affiliati, che desiderano cooperare". Pare un progetto da sviluppare più interessante della riesumazione dell'Ulivo Mondiale o di un generico democraticismo progressista. (2/2 - fine)