martedì 28 settembre 2010

29 settembre - Giornata europea di lotta

IPSE DIXIT

Crediti formativi balilla - «In combutta con Maria Stella Gelmini, La Russa ha introdotto la pratica delle armi nelle scuole superiori. E' un corso di guapperia militaresca, valido come credito formativo, che hanno chiamato "Allenamenti alla vita" e ove l'isegnamento pratico delle tecniche di guerra, la divisione dei ragazzi in pattuglie, il caricamento dei fucili e le sedute nei poligoni di tiro stanno insieme ad altre discipline...» – Francesco Merlo       

Il 29 settembre a Roma e Bruxelles

Giornata europea di lotta

Mobilitazione nazionale di tutti i precari
dei settori della scuola e della conoscenza

Nella giornata di lotta europea del 29 settembre - che oltre quella di Bruxelles vedrà una manifestazione anche a Roma - sui temi dello sviluppo, della crescita, delle politiche industriali, dell’occupazione e del welfare, “tema fondamentale sarà anche la lotta alla precarietà con la mobilitazione nazionale di tutti i precari dei settori della conoscenza”.

    Lo sottolinea una nota della Segreteria Nazionale della CGIL nel denunciare come “la dissennata politica dei tagli sulle fondamentali funzioni pubbliche, che ha come obiettivo finale quello della privatizzazione dei beni pubblici, si è abbattuta pesantemente sul sistema dell’istruzione e della ricerca e sull’insieme dell’intervento pubblico”.

    “Le lotte - si legge nella nota -, in forme anche estreme, che in questi giorni tanti precari della scuola e dei settori della conoscenza stanno portando avanti, anche subendo atteggiamenti offensivi da parte del governo e spesso nel silenzio dei media, evidenziano un insostenibile disagio sociale che non può essere ignorato”.

    Di fronte a questa situazione, che diventa “ogni giorno più drammatica”, la Segreteria di Corso d’Italia intende promuovere “una grande mobilitazione generale sul tema della lotta alla precarietà e per una stabile e buona occupazione che coinvolga tutte le forze in campo che hanno a cuore la qualità dei diritti di cittadinanza, del lavoro e dello sviluppo del nostro paese”.

    Nella giornata del 29 settembre quindi sarà centrale, conclude la nota, “anche la lotta alla precarietà con la mobilitazione nazionale di tutti i precari dei settori della conoscenza”.   


IN BREVE
a cura di rassegna.it 


Governo

Rottura Berlusconi-Fini sulla giustizia
La pace armata è dunque finita prima ancora di iniziare. I colloqui tra gli ambasciatori di Berlusconi e Fini sui temi della giustizia si sono interrotti. Non ci saranno dunque ulteriori incontri tra Angelino Alfano e Italo Bocchino e tra Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno su lodo Alfano e processo breve. La battuta d'arresto nel dialogo sullo scudo per il premier Silvio Berlusconi arriva con l'accusa al Pdl da parte dell'entourage del presidente della Camera Gianfranco Fini di "dossieraggio".



Istat

Disoccupazione 8,5% nel II trimestre
Nonostante la ripresa dell'economia, la disoccupazione vola a livelli record nel secondo trimestre dell'anno. Ad aprile-giugno - comunica l'Istat - il tasso di disoccupazione è salito all'8,5 per cento, con un aumento di 0,1 decimi di punto rispetto al primo trimestre e di 1 punto nel confronto con il secondo trimestre dell'anno scorso. Si tratta del dato più alto dal terzo trimestre del 2003.



Parmalat

Chiesti 20 anni per Tanzi 
Il procuratore di Parma, Gerardo La Guardia, ha chiesto venti anni di reclusione per Calisto Tanzi al termine della requisitoria al processo sul crac del gruppo di Collecchio. "Me lo aspettavo", ha detto l'avvocato della difesa, Fabio Pelloni al termine dell'udienza. "Visti i risultati di Milano (condanna in appello a 10 anni, ndr) mi aspettavo una richiesta di questo genere. Non credo di poter dire che si tratti di un esito equilibrato perché la richiesta di pena deve essere adeguata e questa non mi sembra che lo sia".



Carceri

Reggio Calabria, si impicca detenuto 23enne 
Un detenuto nel carcere di Reggio Calabria si è suicidato questo pomeriggio. Lo comunica il Sappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria. "Verso le 16.30 - ha riferito il sindacato - un detenuto si è impiccato nella sua cella. Si trattava di un giovane di 23 anni ed era in carcere da circa un mese, in attesa di giudizio. Nel corso dell'anno, sempre a Reggio Calabria, c'erano stati due tentativi di suicidio, sempre fortunatamente sventati dagli agenti della polizia penitenziaria".



Piaggio

Nuovi impianti in Cina e Vietnam
"L'andamento della domanda di moto in Europa e in Italia è molto difficile: speriamo che la caduta si fermi", ma se ciò non dovesse accadere, "dovremmo ridimensionare gli stabilimenti italiani". Parola di Roberto Colaninno, presidente e amministratore delegato del gruppo, che si appresta a presentare ai sindacati un "processo di riorganizzazione che certamente dobbiamo affrontare". Per ora, ha osservato Colaninno, "portiamo delle attività dall'estero in Italia".In particolare, sarà la fabbrica spagnola della controllata Derbi a chiudere progressivamente, spostando verso gli stabilimenti italiani le sue produzioni.



Fincantieri

Protesta no stop da Palermo a La Spezia
Prosegue la mobilitazione alla Fincantieri dopo le indiscrezioni della settimana scorsa sul piano industriale che prevederebbe la chiusura di due cantieri navali su otto e tagli occupazionali anche in altri impianti. Nello stabilimento del Muggiano (La Spezia) i sindacati dei metalmeccanici hanno tenuto oggi (23 settembre) un'affollata assemblea unitaria in preparazione della manifestazione nazionale che hanno indetto per il primo ottobre a Roma con l'obiettivo di ottenere un tavolo sulla cantieristica navale presso la presidenza del Consiglio.



Medio Oriente

Obama, l'anno prossimo Palestina nell'Onu
"Quando torneremo qui l'anno prossimo potremmo avere un accordo che ci porterà uno nuovo membro delle Nazioni Unite: uno stato indipendente di Palestina, che vive in pace con Israele". Lo dirà oggi il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nel suo discorso all'Assemblea Generale dell'Onu, in corso a New York, secondo alcuni stralci anticipati dalla Casa Bianca

Rifkin: "Vi spiego la terza rivoluzione industriale"

L'intervista a cura di rassegna.it


Ogni fabbricato dovrà produrre almeno una parte dell’energia che consuma, mentre i nuovi immobili dovranno essere a bilancio energetico positivo. Questo permetterà di creare milioni di posti di lavoro. "Dobbiamo ingegnarci: il Rinascimento nacque così.

di Vincenzo Moretti
http://www.rassegna.it/articoli/2010/09/24/66830/rifkin-vi-spiego-la-terza-rivoluzione-industriale

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Lo vogliamo dire? Nell’era di internet, della società della conoscenza, del capitale immateriale, fa un certo effetto constatare che al centro della civiltà dell’empatia Rifkiniana ci siano l’industria, la fabbrica, il cantiere. E fa ancora più effetto sentire perché sarebbe "facile", anche per il nostro Paese, avviare un processo di crescita sostenibile destinato a creare diverse centinaia di migliaia di nuovi e qualificati posti di lavoro in pochi anni. Questioni di scelte. Di visione nazionale. Di politica industriale. Esattamente quello che è mancato in questa fase nel Belpaese. Ma è meglio non anticipare troppo e cominciare dal principio, da quello che Jeremy Rifkin – presidente di Foundation on Economic Trends (www.foet.org) e autore di numerosi bestseller sull'impatto del cambiamento scientifico e tecnologico sull'economia, il lavoro, la società –, ci ha detto a proposito del disastro causato dalla British Petroleum.


"La catastrofe del Golfo del Messico – spiega – ha ormai raggiunto una proporzione pari a sette o otto volte il disastro provocato dalla Exxon Valdez. Ciò dimostra quanto disperati e dipendenti siamo diventati, al termine dell’era dei carburanti fossili: pur essendo consapevoli dei danni che possono provocare sul lungo termine agli ecosistemi, siamo disposti a lanciarci in rischiosissime imprese di trivellazione off-shore perché dipendiamo da quelle risorse, tant’è che nel luglio 2008 l’intero motore economico della seconda rivoluzione industriale si è fermato. Come ho ripetuto più volte a governi e imprenditori, il vero terremoto è stato quello. Il collasso del mercato finanziario, sessanta giorni dopo, era una scossa di assestamento. E anche se al momento l’economia sta tentando di riprendersi, in misura estremamente contenuta ma pur sempre su scala mondiale, siamo ancora alle prese con le scosse di assestamento, non ne siamo ancora venuti fuori.

Immaginiamo che a suo avviso per venirne fuori davvero ci sia bisogno della terza rivoluzione industriale. Ma al di là dell’indubbio fascino evocativo, a che punto siamo concretamente?

Il concetto di terza rivoluzione industriale è stato assunto dal Parlamento Europeo nel 2007, quando l’allora presidente Pöttering l’ha definita una strategia di lungo termine per l’Unione Europea. Il lavoro fatto finora è proceduto a diverse velocità, tanto all’interno della Commissione quanto nell’ambito dei singoli Stati membri. Nel frattempo, circa un anno e mezzo fa, abbiamo fondato la Third Industrial Revolution Global CEO Business Roundtable, una coalizione globale composta da aziende che operano nel settore delle energie rinnovabili, nel settore edilizio, in quello immobiliare, delle tecnologie delle comunicazioni, dei servizi logistici, dei trasporti, delle forniture energetiche. Obiettivo della coalizione è elaborare una serie di master plan per le varie città e regioni, affinché queste possano iniziare a dotarsi dell’infrastruttura di cui la terza rivoluzione industriale necessita. Un aspetto importante del nostro lavoro, che credo sia interessante per la vostra fondazione e per il movimento sindacale in generale, è che noi proponiamo un vero e proprio piano di sviluppo economico, non un piano sul clima o sull’energia.

Il nesso tra sviluppo ecosostenibile, crescita economica e occupazione delinea sicuramente, per il movimento sindacale, uno scenario di grande interesse.

Certo. Noi poniamo l’accento sugli investimenti, non sulla spesa pubblica. Ogni regione, ogni città, genera il proprio prodotto interno lordo e ogni anno una determinata percentuale di questo Pil generato localmente viene reinvestita. Strade, ponti, case, reti di distribuzione energetica, infrastrutture logistiche: non importa se le cose vanno bene o vanno male, una parte del Pil viene comunque ridestinata alle opere di miglioria. Prendiamo il caso di Roma, che attualmente reinveste circa 25 miliardi di euro all’anno, sarebbe a dire un quinto del suo Pil. La media di investimenti necessari da noi prevista per i prossimi vent’anni è di circa 500 milioni di euro annui, 10 miliardi in 20 anni. Stando ai nostri calcoli, se Roma si limitasse a dedicare agli interventi da noi previsti l’1,5 per cento degli investimenti infrastrutturali che effettuerebbe in ogni caso, riuscirebbe a raggiungere gli obiettivi prefissati. Quindi complessivamente a Roma, per farcela, basterebbe spendere circa lo 0,3 per cento del proprio Pil. Questo discorso vale naturalmente per tutte le città e le regioni finora prese in esame: basterebbe dedicare al massimo il 3 per cento degli investimenti ai nuovi interventi, continuando a spendere il rimanente 97 per cento per il mantenimento delle vecchie infrastrutture ormai in malora, e ce la potremmo ancora fare. Ribadisco che si tratta di soldi che le amministrazioni dovrebbero comunque spendere dato che è tutto vecchio: fonti energetiche, infrastrutture, edifici, sistemi di stoccaggio, e non possiamo lasciare che cada tutto a pezzi.

Sembra facile. In realtà occorre un cambiamento di cultura e di approccio da parte dei diversi soggetti coinvolti, politica e istituzioni, imprese, sindacati, cooperative e terzo settore, ecc.

Esatto. I soggetti e le aziende presenti sul territorio devono capire che si tratta di un’enorme opportunità, che si tratta di reinventare l’economia esattamente come avvenne durante la prima rivoluzione industriale, quando fu realizzata la rete ferroviaria e di trasporto e si costruirono i grandi centri urbani. Oggi, con la terza rivoluzione industriale, ogni singolo fabbricato, dagli uffici agli impianti industriali alle case, dovrà produrre almeno parte dell’energia che consuma. Mentre gli immobili di nuova costruzione dovranno essere a bilancio energetico positivo. Significa creare milioni di posti di lavoro.

Uno scenario che a sentire lei sembra a portata di mano.

Certamente. In Germania ad esempio, dove ho fornito consulenza al cancelliere Merkel, sono stati già avviati gli interventi per la realizzazione dei quattro pilastri fondamentali. Stanno, infatti: installando impianti per le rinnovabili in tutto il paese, scelta che ha permesso di creare 220.000 posti di lavoro in pochi anni; trasformando il proprio intero patrimonio edilizio in centrali energetiche, affinché ogni stabile possa catturare la propria energia direttamente in loco; realizzando depositi di idrogeno in tutta la Germania; predisponendo una rete di distribuzione intelligente. Potrei citare anche la Spagna, che è il numero due sul fronte delle rinnovabili e sta anch’essa avviando la terza rivoluzione industriale. Perché non l’Italia?

Verrebbe da dire perché l’attuale governo ha scelto ancora una volta la via del nucleare e della centralizzazione, piuttosto che la via dell’ecosostenibile, delle rinnovabili, del decentramento.

A mio avviso il terreno dello scontro rimane politico, ma presenta caratteristiche diverse dalla fase in cui viveva sulla distinzione tra conservatori e riformisti. Io sono convinto che il nuovo terreno di scontro sia di natura generazionale. I giovani non pensano in termini di destra e sinistra, ritengono che lo scontro sia tra il modello patriarcale, centralizzato e piramidale da una parte, e il modello distribuito, dell’open source e delle creative commons dall’altra. È una generazione cresciuta su internet, abituata a Wikipedia, a condividere codici sorgente, codici computazionali e software, a usare Youtube e Facebook, tutti spazi collaborativi dove condividono le informazioni in maniera distribuita.

Su questa storia del superamento delle categorie di "destra" e "sinistra" ci sarebbe molto da discutere, a partire dal modello sociale, dal controllo dei mezzi di produzione e di distribuzione e dal fine ultimo dell’impres: il mero profitto o la crescita distribuita. Difficile invece non convenire sul fatto che si sta diffondendo una sensibilità trasversale intorno a questi temi.

Proprio così. La posta in gioco è la democratizzazione dell’energia, nel senso di power to the people. Si tratta da una parte di un modello di mercato dove ciascuno produce la propria energia, dall’altra di un modello collaborativo basato sulla condivisione tra pari dell’energia prodotta da ciascuna città, paese, continente. Per Roma proponiamo tra l’altro la costituzione di cooperative energetiche sull’intero territorio cittadino. L’idea è quella di lavorare con le imprese locali e nazionali e creare un sistema ibrido che offra a tutti gli attori territoriali la possibilità di fondare cooperative che riducano i margini di rischio per poi stringere accordi collaborativi che prevedano la condivisione dell’energia prodotta, attraverso reti distribuite connesse con il resto d’Europa e con il Mediterraneo. È il modello sociale e di mercato del ventunesimo secolo. Non è un caso che la Lega Coop sia tra i soggetti con un ruolo da protagonista in questo processo.

Torniamo alla questione lavoro, che in Italia presenta sempre più i caratteri dell’emergenza nazionale. Lei prima ha parlato della possibilità, con la terza rivoluzione industriale, di creare milioni di posti di lavoro. Possiamo provare a dare maggiore consistenza alla sua affermazione?

Se provo a pormi dal punto di vista del movimento sindacale le mie domande sono queste: una centrale a carbone, quanti posti di lavoro può creare? E una centrale nucleare? La Germania, che rimane un paese con un’economia trainante, ha dimostrato che le energie rinnovabili possono creare moltissima occupazione. Duecentoventimila posti di lavoro nel giro di pochi anni a fronte di un pugno di posti di lavoro in tutti gli altri settori. Il movimento sindacale dovrebbe anche rendersi conto che la chiave di tutto è l’edilizia: è quello l’elefante nella stanza, l’evidenza che nessuno vuole vedere. Abbiamo l’opportunità di riprogettare ogni singolo fabbricato italiano per trasformarlo in una centrale energetica: dal punto di vista del lavoro, il ritorno sull’investimento è immenso. E poi c’è il fatto che la creatività che esprimete in Italia non ha pari. E avete anche una validissima comunità di piccole e medie imprese. Ora, da Roma in su l’Italia è una grande centrale, mentre da Roma in giù avete un’enorme quantità di energie rinnovabili. Pensate alle opportunità economiche che si verrebbero a creare stabilendo una forte alleanza tra chi produce le energie della terza rivoluzione industriale e chi produce il manifatturiero. Potreste costruire un’Italia omogenea e superare lo squilibrio tra meridione e settentrione.

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Questo del superamento degli squilibri tra Nord e Sud, della definizione di nuovi e più avanzati equilibri è certamente un altro snodo decisivo.

Dal punto di vista dell’energia, da Bari alla Sicilia avete un’Arabia Saudita. C’è tutto: solare, eolico, marino. La sfida è riuscire a incanalare tutta questa energia con tecnologie al passo con la terza rivoluzione industriale, quindi fonti rinnovabili, riconfigurazione degli edifici, predisposizione di reti di distribuzione intelligenti e le altre cose che abbiamo detto, per poi stabilire una nuova relazione economica con l’Italia settentrionale. Posso dire che bisognerebbe guardare di più alle opportunità che tutto questo offre? Che vedo il futuro del movimento sindacale in buona parte qui?

Opportunità, come quelle che servono per lasciarci alle spalle la questione meridionale e ragionare in termini di risposta meridionale. Una risposta fondata sull’industria e sul lavoro ecosostenibile, sulle opportunità di crescita e di futuro.

Sì, opportunità di crescita sostenibile. Lo scontro non può continuare ad avvenire soltanto su quanto ancora toglieranno ai lavoratori e alle lavoratrici, occorre reinvestire nel nome di una giovane generazione di lavoratori. Dobbiamo saperci ingegnare. Il Rinascimento nacque da questo, ed è così che daremo corso al Rinascimento del ventunesimo secolo: sarebbe a dire un rinascimento energetico.

 (Il Mese, settembre 2010)     

mercoledì 22 settembre 2010

Il mandato parlamentare

IPSE DIXIT

Comprati & venduti? - «Il modo in cui si parla e si scrive di compravendita di deputati da parte del presidente del Consiglio... è vergognoso. Naturalmente potrebbe essere una faccenda di linguaggio, l’adozione di una maniera di parlare sbrigativa e priva di ogni ipocrisia, l’uso di una disinvoltura magari brutale però schietta: ma non è così... L’ipocrisia c’entra poco: il punto è che evidentemente si considerano i voti parlamentari una merce acquistabile come tante altre, si ritiene che in politica (e non soltanto in politica) tutti possano essere comprati & venduti. E’ vero? Non è vero affatto: è un’idea che appartiene esclusivamente a un gruppo e che può contagiare la gente. E’ vero invece che s’è perduta una sensibilità democratica, che si è acquistato un disprezzo della morale.»
Lietta Tornabuoni


Il mandato parlamentare- «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.»
Articolo 67 della Costituzione       

LAVORO E DIRITTI
a cura di rassegna.it

Industria, i fatturati e gli ordinativi di luglio

L'Istituto di statistica fa sapere che si tratta del primo segno meno da febbraio di quest'anno. Secondo l'Istat i fatturati scendono a luglio del 2,7%, tuttavia con un aumento dell'8,9% rispetto a luglio del 2009. Giù anche gli ordinativi: -3%

Battuta d'arresto per il fatturato e gli ordinativi dell'Industria italiana. Il fatturato ha registrato a luglio un calo del 2,7 per cento rispetto a giugno e un aumento dell'8,9 per cento rispetto a luglio del 2009 (+5,4 per cento dato grezzo). Il fatturato è diminuito del 3,4 per cento sul mercato interno e dell'1,2 per cento su quello estero. Lo comunica l'Istat, sottolineando che su base mensile si tratta del primo segno meno da febbraio di quest'anno.


    Giù anche gli ordinativi. "Sulla base degli elementi finora disponibili, nel mese di luglio gli indici destagionalizzati degli ordinativi - rilevano gli analisti dell'Istat - hanno registrato, nel confronto con il mese precedente, un calo del 3 per cento". Gli ordinativi nazionali hanno registrato una flessione del 4,5 per cento e quelli esteri dello 0,3 per cento.


    "Nel confronto degli ultimi tre mesi (maggio-luglio) con i tre mesi immediatamente precedenti (febbraio-aprile) le variazioni congiunturali sono state pari a +3,3 per cento per il fatturato e a +3,7 per cento per gli ordinativi -continua l'Istat- L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha registrato in luglio un incremento tendenziale dell'8,9 per cento (i giorni lavorativi sono stati 22, contro i 23 di luglio 2009)". Nel confronto tendenziale relativo al periodo gennaio-luglio, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato un aumento dell'8,1 per cento. Gli indici grezzi del fatturato e degli ordinativi hanno registrato incrementi tendenziali, rispettivamente, del 5,4 e dello 0,7 per cento.


    'Nel mese di luglio – scrivono i tecnici dell'Istituto - gli indici destagionalizzati del fatturato per raggruppamenti principali di industrie hanno segnato una variazione congiunturale positiva per i beni intermedi (+0,5 per cento) e variazioni negative per i beni strumentali (meno 9,8 per cento), per l'energia (-2,6 per cento) e per i beni di consumo (-0,2 per cento, con -2,2 per cento per quelli durevoli e +0,2 per cento per quelli non durevoli)". L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario in luglio è aumentato in termini tendenziali del 25,7 per cento per l'energia, del 14,7 per cento per i beni intermedi, del 3,4 per cento per i beni strumentali e del 3,2 per cento per i beni di consumo (con -0,3 per cento per quelli durevoli e +3,9 per cento per quelli non durevoli).

    Nel confronto con lo stesso mese del 2009, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato le variazioni positive più significative nei settori della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo. L'unica variazione negativa si è invece registrata nelle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature.

    Gli aumenti più marcati dell'indice grezzo degli ordinativi hanno infine riguardato la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+13,5 per cento), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+9,7 per cento) e la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+7,5 per cento). "Diminuzioni sono state registrate nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (meno 23,0 per cento) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (meno 22,4 per cento)', conclude la nota.

    Per quanto riguarda l'auto, l'Istat rivela che il fatturato a luglio è aumentato dell'1,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli ordini hanno registrato una riduzione del 4,6 per cento. Si tratta, in questo caso, di dati grezzi.     

Critiche dagli Usa

Foreign Policy: "Italia ridotta a Bordello State"

"Qui alcune donne arrivano in Parlamento attraverso una camera da letto"- così la prestigiosa rivista americana sul Bel Paese.

(rassegna.it) – L'Italia ridotta a "Bordello State", la versione anglofona della “mignottocrazia” descritta da Guzzanti. Un Paese in cui non solo “alcune donne arrivano in Parlamento attraverso una camera da letto", ma soprattutto “donne e uomini, giornalisti e professionisti, hanno dato via le loro menti e i loro principi, anziché i loro corpi”. Questo giudizio impietoso arriva dall'autorevole rivista americana “Foreign Policy”, in un articolo a firma di James Walston, professore di relazioni internazionali all'American University di Roma.

    L'articolo, ripreso dall'agenzia Apcom, si apre con una citazione di Dante dal canto VI del Purgatorio :

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Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
                                        [Purg. VI, 76sgg.]

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Dopo aver ricordato che la stessa profezia era contenuta in un libro di Paolo Sylos Labini pubblicato postumo nel 2006 (“Ahi serva Italia. Un appello ai miei concittadini”), Walston passa ad analizzare le ultime vicende politiche, sottolineando come “ci sia stata una mancanza di leadership dalla fine di luglio, ma nelle ultime due settimane la mancanza di una direzione è arrivata al parossismo”.

    Nell'articolo si stigmatizza poi la politica estera di cui il premier italiano va fiero, cioè l'amicizia con Vladimir Putin e Muanmar Gheddafi, non è riuscita a evitare l'episodio “imbarazzante” di una motovedetta italiana ceduta ai libici che ha mitragliato un peschereccio italiano

XX SETTEMBRE - Breccia di Porta Pia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Simbolo dell’unità e della laicità dello Stato la presa di Porta Pia rischia quest'anno di diventare una breccia "conciliare"

di Mario B. Lùgari

Il 20 Settembre prossimo ricorre il 140° anniversario della presa di Porta Pia, simbolo dell’unità e della laicità dello Stato italiano.

    La ricorrenza verrà celebrata con la partecipazione e supervisione del Vaticano.
    In base a quanto riferito dagli organi di stampa, il sindaco di Roma, Alemanno, e la Curia d’Oltretevere stanno lavorando da mesi per celebrare la storica data con un programma di iniziative senza venature anticlericali e senza elementi polemici non graditi alla Santa Sede.

    A suggerire al Campidoglio di arrivare a una commemorazione “condivisa” con la Chiesa sarebbe stato il Capo dello Stato. La cosa non può stupire più di tanto in quanto il presidente Napolitano non è nuovo a pronunciamenti neo-concordatari in materia di rapporti tra Stato e Chiesa.

    Ricordo che nel 2007 Napolitano, intervenendo nel dibattito sull’introduzione in Italia di una legge per il riconoscimento delle “coppie di fatto”, si dichiarò favorevole a una norma che tenesse conto delle “preoccupazioni espresse dal Papa e dalle alte gerarchie della Chiesa”. La Conferenza dei vescovi esultò, i partiti della (finta) sinistra italiana  si spaventarono, e così non se ne fece nulla.

    Vogliamo interrogarci sul tasso di laicismo dell’attuale classe politica? Vogliamo domandarci  quante probabilità hanno le 600 mila “coppie di fatto” che vivono in Italia di vedere approvata una legge del tipo di quelle già in vigore da tempo nei principali paesi europei? Chi parla più oggi dei “Dico” o dei “Pacs”?

    L’amara realtà è che, scomparsi i vari Nenni, La Malfa, Malagodi, Terracini, Amendola, Spadolini e De Martino, gli attuali leader politici, in materia di laicità dello Stato e di diritti civili, sono – come direbbe Leonardo Sciascia – dei quaquaraquà .

    Mentre il Sinodo delle chiese evangeliche e metodiste ha approvato nei giorni scorsi un documento a favore del testamento biologico, della ricerca sulle cellule staminali a fini terapeutici e delle unioni tra persone dello stesso sesso, la chiesa cattolica continua a pronunciarsi contro le leggi della Repubblica arrogandosi il diritto di chiederne la modifica o la non applicazione. La violenza con cui il cardinale Bagnasco e i vescovi italiani hanno sferrato il loro attacco contro l’utilizzo della pillola anticoncezionale Ru 486 è la stessa con la quale si scagliarono contro il padre della povera Eluana Englaro.

    Il nuovo obiettivo ora è il 20 Settembre.
    Temo che Porta Pia, se il piano elaborato da Alemanno e dal cardinale Bertone avrà successo, diverrà il simbolo di una “breccia” all’incontrario.  


XX settembre- Breccia di Porta Pia

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Dalla presa alla resa

Dichiarazione di Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani e Sergio Rovasio, Segretario Associazione Radicale Certi Diritti: "Da Alemanno revisionismo clericale e nazionalista".

Come già tentò il fascismo, il Sindaco Alemanno, folgorato sulla via del Campidoglio dopo i fasti pagani dei Campi Hobbit, vuole ridurre a simbolo nazionalista  un evento che segnò per l’intera Europa l’inizio di una nuova libertà di coscienza, di pensiero e di religione.

    Dopo che per decenni le istituzioni italiane hanno praticato la rimozione culturale del XX settembre, questa volta il Comune di Roma ha organizzato grandi celebrazioni al solo scopo di costruire una nuova memoria degli avvenimenti e dei personaggi.

    Se non fosse vero, verrebbe da ridere pensando che oggi i bersaglieri sono andati in Vaticano per suonare l’inno pontificio, e che sabato il Convegno di apertura delle celebrazioni sarà dedicato a Pio IX, il Papa Re del Sillabo e delle esecuzioni capitali.

    Di fronte a questa opera di revisione storica  cui Alemanno si è prestato sotto la sapiente regia delle gerarchie vaticane e delle crescenti schiere di atei devoti, invitiamo tutti i cittadini domencia 19 settembre a Porta Pia alle ore 12,30 per una grande manifestazione per la libertà e la democrazia per la vera commemorazione della Breccia di Porta Pia.      


XX settembre- Breccia di Porta Pia

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L'UAAR alle manifestazioni per il XX Settembre

Quest’anno la ricorrenza del XX settembre cade in un momento particolare: costituisce infatti una sorta di anticipazione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità del paese, in programma nel 2011. Nel timore che il ricordo pubblico di quanto accaduto a Porta Pia nel 1870 possa risultare imbarazzante per le gerarchie ecclesiastiche, Quirinale e Comune di Roma hanno deciso di organizzare eventi, di marcata tendenza clericale, concordati con la Segreteria di stato vaticana.

    Di fronte a questa ennesimo abdicazione delle istituzioni al loro ruolo, che si è spinta fino alla riscrittura della storia risorgimentale, l’UAAR ha proposto a diverse realtà associative di unirsi nell’organizzazione a Roma di un significativo evento laico. Le risposte non ci sono state, e dunque tale manifestazione non avrà luogo. I circoli UAAR ricorderanno perciò il XX settembre sul territorio organizzando e co-organizzando convegni e momenti di informazione e partecipando alle commemorazioni ufficiali.

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L’elenco degli appuntamenti:
http://www.uaar.it/news/2010/09/13/uaar-per-il-xx-settembre/

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Bergamo (20 settembre)
Bologna (11 settembre)
Bologna (19 settembre)
Cagliari (18 settembre)
Castelfidardo (AN) (18 settembre)
Firenze (20 settembre)
Milano (20 settembre)
Padova (7 ottobre)
Pescara (19 settembre)
Ravenna (18 settembre)
Rimini (18 settembre)
Rimini (20 settembre)
Roma (15-26 settembre)
Roma (17-19 settembre)
Roma (19 settembre)
Roma (20 settembre)
Taranto (20 settembre)
Torino (19 settembre)
Treviso (20 settembre)
Venezia (23 settembre)
Vicenza (20 settembre)

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Il venti settembre andrà infine in onda su Radio Città Aperta la prima trasmissione di "Liberi di non credere". http://www.radiocittaperta.it/ 


XX settembre- Breccia di Porta Pia

Porta Pia vietata ai laici

di Carlo Cosmelli
Coordinatore della Consulta Laica Romana

La Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni quest’anno non potrà commemorare la presa di Porta Pia, il 20 Settembre. Il 6 luglio, infatti, è stata presentata alla Questura di Roma la richiesta dell’autorizzazione, peraltro dovuta secondo la Costituzione Italiana, a commemorare l’evento.

    Nonostante la disponibilità dei funzionari della Questura, non autorizzati per evidenti ordini superiori a dare un assenso esplicito, si è arrivati fino al giorno 14 settembre per essere informati che, dopo l’evento istituzionale alla presenza del Presidente Napolitano, non era possibile nessuna commemorazione, a causa della priorità data all’evento organizzato dall’associazione politico cattolica Militia Christi “a 140 anni dai tragici eventi che portarono le truppe del liberal-massonico Regno sabaudo ad invadere lo Stato Pontificio, allora libero, sovrano e popolare”.

    La consulta Laica prende atto che le decisioni politiche che sottintendono questa scelta vanno nella direzione di un riconoscimento ufficiale di Militia Christi, un’associazione fondamentalista, già condannata da un tribunale per offese e falsità e condannata ad eliminare dal suo sito internet dichiarazioni e commenti.

    La Consulta prende atto che al contrario un’associazione come la Consulta Romana, che coordina altre 22 associazioni ad indirizzo laico che hanno come scopo il rispetto e l’applicazione della Costituzione Italiana, in questo momento politico, e in particolare in una città come Roma, è vista con fastidio. Quel fastidio che piccole fiammelle di libertà hanno sempre creato, e continuano a creare nei regimi antidemocratici e fondamentalisti.

Picture (Metafile)

Le associazioni aderenti alla Consulta:

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- AFFI Associazione Federativa Femminista Internazionale.
- Arcigay Roma.
- ARCo Associazione per la Ricerca e la Comunicazione.
- Associazione culturale Altrevie.
- Associazione Libera uscita – Sede di Roma.
- Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” - Sezione di Roma.
- Carta 89.
- Cemea del Mezzogiorno.
- CGIL Roma e Lazio - Ufficio Nuovi Diritti.
- Com Nuovi Tempi – Confronti.
- CRIDES Centro Romano d'Iniziativa per la Difesa dei Diritti nella Scuola.
- Democrazia laica.
- FNISM - Federazione Nazionale Insegnanti Roma e Lazio.
- Fondazione Critica Liberale.
- Fondazione Religions-Free Bancale Onlus.
- Gruppo Martin Buber, Ebrei per la pace.
- Italialaica.it
- Lettera Internazionale.
- Liberacittadinanza – Sede di Roma.
- Libertà e Giustizia – Circolo di Roma.
- Noi siamo Chiesa – Roma.
- Società Laica e Plurale.     

lunedì 13 settembre 2010

LA SINISTRA E LE OCCASIONI MANCATE (E NEPPURE MAI CERCATE)

Lezioni per la sinistra

Uno dei due dibattiti del Terzo Convegno del Gruppo di Volpedo è dedicato al Congresso di Epinay con il quale si è costituito il Partito Socialista francese.

di Felice Besostri

Uno dei due dibattiti del Terzo Convegno del Gruppo di Volpedo è dedicato al Congresso di Epinay con il quale si è costituito il Partito Socialista francese. Il Gruppo di Volpedo non è un centro studi, anche se nei suoi incontri e seminari, i contributi sono sempre stati di buon livello e spesso con approcci innovativi, come sul federalismo e sulla forma di governo e le leggi elettorali. Non vuole essere nemmeno un semplice pensatoio, anche se, per essere à la page, (espressione a sua volta fuori moda sostituita da trendy) dovremmo dire Think Tank, MA UN GRUPPO DI AZIONE POLITICA e pertanto dopo l'introduzione storico-politica del compagno Marc Osouf, si parlerà dell'esempio che ha rappresentato o avrebbe dovuto rappresentare Epinay o della lezione che rappresenta, o avrebbe dovuto rappresentare, per la sinistra italiana. Benché il nostro sia un orizzonte europeo, come dimostra l'attenzione per il PSE e la sua riforma, che si ritrova sia nell'Appello sia nel Manifesto di Volpedo che in questo Terzo Convegno, le specificità nazionali non possono essere ignorate.

La divisione dell'Europa in occidentale e orientale, che non appartiene né alla storia lunga, né alla geografia del nostro Continente, ha diviso la sinistra ed i partiti, che ne erano espressione. In tutti i paesi europei, con poche eccezioni, ad Ovest hanno prevalso partiti socialisti, socialdemocratici o laburisti ed ad Est partiti comunisti, sia pure variamente denominati e frutto, oltre che dell'occupazione militare sovietica, di unificazione forzate dei partiti comunisti e socialdemocratici. Nelle due parti d'Europa in quella occidentale erano egemoni i partiti socialisti democratici ed in quella orientale i partiti comunisti (quando c'era un apparente pluripartitismo sono stati consentiti partiti cristiani-sociali, liberal-democratici o partiti contadini, mai partiti socialisti). I processi sono stati diversi nei paesi occidentali geograficamente europei come Spagna e Portogallo, dominati dalle dittature franchista e salazarista, e nei paesi democratici come Francia ed Italia, gli unici con un partito comunista numericamente ed elettoralmente superiore al corrispondente partito socialista. L'Italia, ha rappresentato a sinistra, tuttavia un unicum, in quanto è stato l'unico paese nel quale il partito comunista, nemmeno ai tempi della Guerra Fredda, non è stato isolato all'opposizione, ma comunisti e socialisti hanno cooperato politicamente, nelle amministrazioni locali, nel sindacato, nel movimento cooperativo e nell'associazionismo, sia di categorie professionali (esercenti, contadini, giornalai, rappresentanti di commercio) che sportivo (UISP) e ricreativo (ARCI). Paradossalmente questo tessuto unitario non è stato di nessun vantaggio quando avrebbe dovuto essere posto all’ordine del giorno il superamento delle divisioni del XX° secolo della sinistra. La storia della sinistra italiana, limitandosi al secondo dopoguerra, è soprattutto una storia di scissioni a partire da quella di Palazzo Barberini del 1947 e continuando con quella dello PSIUP del 1964 per la componente socialista, e per la componente comunista quelle successive alla svolta della Bolognina e la formazione del PDS. I tentativi di unificazione a sinistra sono una minoranza, l'unica riuscita è quella tra il PSI di Nenni e il MUP di Basso, cui ha fatto seguito molti, troppi, anni dopo quella socialista di PSI e PSDI. Unificazioni, poche e non riuscite; assorbimenti, invece, molti nel PCI di movimenti della diaspora socialista. L'ultimo tentativo di creare un partito del socialismo europeo in Italia è stata la formazione dei DS, secondo le intenzioni programmatiche lanciate dagli Stati Generali della Sinistra di Firenze del 1998. Come sia finito questo tentativo è cronaca recente con la scomparsa di un partito di sinistra, membro a pieno titolo dell'Internazionale Socialista e del PSE, e la sua sostituzione con un generico PD, nel quale la componente socialista non è percepibile, né politicamente né nella composizione della sua dirigenza, e quella comunista sopravvive nelle cordate, in antiche frequentazioni e nello spirito egemonico. Tra i fallimenti è giusto, “se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi”, annoverare la Costituente Socialista del 2007/2008. Qualcosa in comune hanno questi tentativi falliti di riunificazione della sinistra: il continuismo, nei DS, quello del PCI-PDS e nella Costituente Socialista quello dello SDI. Sia ben chiaro che in questa sede non voglio dare alcun giudizio, tampoco negativo, di cosa abbiano rappresentato il PCI e lo SDI, ma soltanto far notare che a differenza di Epinay non c'è stata la formazione di una forza nuova, o che almeno si presentasse come tale: se Epinay fosse stata percepita come una nuova incarnazione dell SFIO non ci sarebbe stato, né un programma comune della Gauche, né una vittoria alle presidenziali, né la formazione di un partito egemone a sinistra in grado di competere per il governo del paese.

Questa è un'altra particolarità italiana: la sinistra italiana, Fronte Popolare del 1948 a parte, a differenza degli altri paesi europei con un'egemonia socialista democratica, non si è mai presentata agli elettori italiani con una sua autonoma proposta di governo del Paese, sia programmatica che di leadership. L'Ulivo del 1996 e l'Unione del 2006 erano guidate da una personalità degnissima come Prodi, ma lontana dalla sinistra tradizionalmente intesa e sicuramente ostile nei confronti della sinistra prevalente negli altri paesi europei, di cui non condivideva l'orientamento socialista democratico, da lui giudicato sorpassato, così come il comunismo dal crollo del Muro di Berlino.

Prodi è un esponente di una cultura politica, quella democratica-cristiana, che costituisce un'altra delle anomalie italiane e che spiega la debolezza della sua sinistra ed in particolare della sua componente socialista democratica. Soltanto superficialmente la debolezza socialista si può spiegare con la presenza di un forte partito comunista, meglio organizzato ed egemone nel controllo della più forte e rappresentativa centrale sindacale. In base a questi criteri avremmo dovuto avere deboli partiti socialisti in Grecia, Spagna, Portogallo e nella stessa Francia. In tutti quest'ultimi paesi non c'è mai stato un partito confessionale, pluri-classista e stabilmente al centro come la DC, e per di più con venature sociali. Dove c'era, per esempio lo MRP in Francia, non ha mai avuto un consenso elettorale analogo a quello demo-cristiano, ovvero non è mai decollata come in Spagna, malgrado il prestigio di Ruiz Jemenez. Negli altri paesi europei la componente cristiana è sempre stata fortemente presente nella stessa formazione dei partiti socialisti democratici, come nei paesi scandinavi o in Gran Bretagna; in Italia il cattolicesimo politico, anche quello progressista, era invece ontologicamente concorrenziale, se non ostile per ragioni ideologiche, al movimento socialista. Nei paesi impregnati dalla riforma protestante l'appartenenza confessionale non determina alcuna appartenenza politica automatica, per questa ragione i partiti cristiano democratici o popolari si caratterizzano per il loro conservatorismo e rappresentano più la destra civile che il confessionalismo. La DC era invece il partito di raccolta dei cattolici impegnati in politica, che nella particolare situazione italiana dovevano rispondere, oltre che alla propria coscienza, ai desiderata d'Oltre Tevere, cioè, con formulazione più chiara, del Vaticano. La fine della DC, che non era un partito confessionale, non ha migliorato, nel senso dell'autonomia dalle gerarchie cattoliche, il sistema politico italiano, anzi si è aperta una specie di concorrenza tra le formazioni politiche per essere accreditate come interlocutori affidabili. Una situazione spagnola, come quella che si è avuta in Spagna negli ultimi anni di forti tensioni tra la sinistra e la Conferenza episcopale locale, in Italia non è neppure immaginabile.

La sinistra italiana è malata e la sua condizione si è aggravata con la formazione del PD, che per sua definizione non è un partito di sinistra. Tuttavia individuare nel solo PD il responsabile della debolezza della sinistra italiana è errato e soprattutto impedisce di comprendere le cause della sconfitta: l'Italia è l'unico paese della UE in cui la sinistra non è rappresentata nel Parlamento nazionale e nel Parlamento Europeo; da un lato non è una strategia sperare in una crisi del PD e dall'altro l'esistenza del PD assurge a giustificazione dei propri errori. L’autoreferenzialità identitaria e il settarismo delle varie formazioni di sinistra, uniti alla mancanza di realismo e di previsione delle conseguenze delle proprie azioni, sono spiegazioni dei propri errori: basta per tutti la decisione di accelerare la crisi del Governo Prodi e quindi di concorrere, insieme con Veltroni, a provocare elezioni anticipate con la stessa sciagurata legge elettorale del 2005. Di solito l'Arcobaleno segna la fine del diluvio, invece nel 2008, come ben sappiamo, l'ha anticipato. La particolarità italiana ha finora giustificato un percorso separato dal resto della sinistra europea, che pur non essendo immune da errori e contraddizioni, anche in caso di sconfitte elettorali può sempre ricandidarsi come alternativa di governo. In ordine di tempo l'ultimo caso è quello della SPD, che, dopo una gravissima e recente sconfitta elettorale, ora conta con il 32% delle intenzioni di voto, che unito al 18% dei Verdi, rappresenta una potenziale maggioranza alternativa al governo liberal-democristiano della Merkel. Gli stessi segni di ripresa si constatano anche in Francia e non sono solo potenziali, ma confortati dai risultati per il rinnovo dei consigli regionali, tutti conquistati dalla sinistra nella Francia metropolitana ad eccezione di uno. Per il Labour Party britannico la Conferenza di Manchester (24-30 settembre 2010), quale che sarà l'esito della sfida tra i fratelli Miliband, sarà sicuramente un rilancio, grazie anche alla difficile coesistenza di Liberali e Conservatori nel governo Cameron. In Italia le gravi difficoltà del governo in carica, che non ha più la maggioranza alla Camera dei Deputati non preludono, invece, ad una vittoria dell'opposizione, che teme le elezioni anticipate. I progetti del PD, del Centro e dell'IdV non sono né chiari, né omogenei e soprattutto in questo quadro non c'è un ruolo autonomo della sinistra, nelle sue varie accezioni, a prescindere dalla decisione di Vendola di concorrere alle eventuali primarie del PD. Non è la scoperta di un leader che basta a superare le difficoltà politiche e strutturali, in cui si dibatte (senza dibattito) la sinistra. Questa nostra sinistra non ha ancora una direzione di marcia definita per la sua ricomposizione e il suo rinnovamento. Non è una questione di formule, come è quella del socialismo europeo, ripetute come mantra da alcuni (tuttavia minoritari), e neppure della parola d'ordine dell'unità. In ordine di tempo il fallimento di Sinistra e Libertà delle elezioni europee, pesa ancora: un segno che non ci sono scorciatoie. Senza una generale, determinata e diffusa, crescita di un processo dal basso è illusorio sperare, che i gruppi dirigenti possano intercettare, interpretare e tradurre in azione le aspirazioni e i bisogni di questo popolo della sinistra.

Obiettivi chiari e una direzione di marcia. In questo senso il Congresso di Epinay rappresenta un esempio ed una lezione per la sinistra italiana. In primo luogo una rifondazione della sinistra non può essere sommatoria di identità, che non vogliono fondersi, e neppure l'ennesima reincarnazione di uno dei soggetti costituenti, come è stato per PDS e DS . In secondo luogo deve, senza ambiguità, voler costituire un partito a vocazione maggioritaria della sinistra. Nello stesso tempo chi volesse dar corpo al progetto deve coerentemente agire non solo a livello politico, ma anche sindacale con l'obiettivo della costruzione di un sindacato unitario e autonomo. In tutti i paesi europei con un partito di sinistra competitivo per il governo si ha un rapporto forte con una centrale sindacale unitaria. Altra scelta è quella di un partito laico, che nel resto d'Europa va da sé, ma che in Italia si scontra con la particolarità vaticana, ma sostituendo al rapporto con le gerarchie quello con le comunità dei credenti, il cui apporto a una nuova sinistra è altrettanto importante di quello degli ambientalisti e dei libertari. . Quando la fede è un modo di stare nel mondo e non una Weltanschauung come è spesso la religione, il terreno di intesa è più facile e fecondo per tutti, credenti e non credenti. Last but not least, da ultimo ma non meno importante, occorre definire un programma che aggredisca le diseguaglianze, che contrassegnano il nostro paese in modo intollerabile: diseguaglianze di diritti, di opportunità e di condizione economica e sociale.

Esperto in liquidazioni

IPSE DIXIT

Una persona che se l'andava a cercare - «Certo e' una persona [=Giorgio Ambrosoli, ndr] che in termini romaneschi se l'andava cercando».

Giulio Andreotti


La persona scrive a sua moglie - «Anna carissima (...) sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. [=dichiarazione di fallimento della Banca Privata Italiana di Sindona, ndr], atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto. E' indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell'Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto (...) Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi».

Giorgio Ambrosoli (1933-1979)


Conferimento a Giorgio Ambrosoli della medaglia d'oro al valor civile. La motivazione
- «Commissario liquidatore di un istituto di credito, benché fosse oggetto di pressioni e minacce, assolveva all'incarico affidatogli con inflessibile rigore e costante impegno. Si espose, perciò, a sempre più gravi intimidazioni, tanto da essere barbaramente assassinato prima di poter concludere il suo mandato. Splendido esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino all'estremo sacrificio».

Il Presidente della Repubblica - http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=3683


Parola di Belzebù

Polemica sulla battuta del senatore a vita Giulio Andreotti, che poi si scusa. Esperto in liquidazioni coatte amministrative, Ambrosoli fu ucciso la sera dell'11 luglio 1979 a Milano da un sicario venuto da New York, ingaggiato dal banchiere Michele Sindona

Intervento scioccante nella puntata di "La storia siamo noi" dedicata a Giorgio Ambrosoli, l'avvocato milanese nominato liquidatore della banca privata italiana, l'impero economico di Michele Sindona. Il 'Corriere della Sera' ha anticipato in esclusiva questa parte dell'intervista nella quale, alla domanda sul perché Ambrosoli sia stato ucciso, Andreotti risponde testualmente: "Questo e' difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo e' una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando".

Esperto in liquidazioni coatte amministrative, Ambrosoli fu ucciso la sera dell'11 luglio 1979 a Milano da un sicario venuto da New York, ingaggiato dal banchiere Michele Sindona che, per il suo omicidio, fu condannato all'ergastolo (insieme a Roberto Venetucci) il 18 marzo 1986. La sua è a storia di un eroe borghese come lo ha definito Corrado Stajano nel suo libro, un 'eroe per caso' insignito della medaglia d'oro al valor civile perché "benché fosse oggetto di pressioni e minacce, assolveva all'incarico affidatogli con inflessibile rigore e costante impegno" e si espose perciò a sempre più gravi intimidazioni, tanto da essere barbaramente assassinato prima di poter concludere il suo mandato. Splendido esempio di senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino all'estremo sacrificio".

Al telefono con l'Agi Umberto Ambrosoli vorrebbe fermarsi qui, a questo unico commento sulla battuta con cui il senatore a vita ha bollato l'omicidio del padre, Giorgio.

Sul padre, Umberto ha di recente scritto un libro ("Qualunque cosa succeda", Sironi editore) in cui ai ricordi familiari mischia la storia pubblica di un funzionario integerrimo che, nominato commissario liquidatore dell'impero di Sindona, il bancarottiere che Andreotti definì, tra l'altro, il salvatore dell'economia italiana.

Vai all'audio del figlio di Ambrosoli (Corriere TV)
http://video.corriere.it/ne-infastidito-ne-sorpreso/79e237c0-bbeb-11df-8260-00144f02aabe

Vai all'audio delle telefonate di minacce dell'assassino di Ambrosoli (Corriere TV)
http://video.corriere.it/ambrosoli-telefonate-killer/207fb9be-bc09-11df-8260-00144f02aabe