venerdì 1 febbraio 2008

Crisi di governo

Iniziano le consultazioni di Marini
La Corte costituzionale: carenze nell'attuale legge elettorale. D'Alema medita di proporre la celebrazione del referendum elettorale ad aprile. Bertinotti: "La legislatura è politicamente finita".

ROMA - Oggi alle ore 16 inizieranno le consultazioni del presidente del Senato Franco Marini, al quale ieri il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha affidato l'incarico di verificare se esista una maggioranza favorevole a cambiare la legge elettorale prima di tornare alle urne. "Lavorerò nei tempi più brevi possibili, ma è un impegno gravoso" ha detto Marini. Che pensa di riferire al Capo dello Stato entro l'inizio della prossima settimana.

Quello affidato a Marini, ha detto ieri Napolitano, è un incarico per "verificare le possibilità di consenso su un preciso progetto di riforma della legge elettorale e di sostegno ad un governo funzionale all'approvazione di quel progetto e all'assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi".

Sempre ieri la Corte Costituzionale ha reso noto le motivazioni per le quali il 16 gennaio scorso ha dichiarato ammissibili i tre quesiti referendari in materia di legge elettorale. La Consulta evidenzia carenze nella norma vigente. In particolare "l'assenza di una soglia minima per l'assegnazione del premio di maggioranza è una carenza riscontrabile già nella normativa vigente che non impone le coalizioni, ma le rende solo possibili". La Corte Costituzionale sente il "dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi". (Inform)


Schifani mi cita male. E i precedenti gli danno torto
di Franco Bassanini *)
E’ vero che nel 1972, come ricorda Schifani, ho pubblicato sulla "Rivista trimestrale di diritto pubblico", un’ampia e documentata monografia sullo scioglimento delle Camere, nella quale criticai la decisione di nominare un Governo Andreotti destinato a "gestire" le elezioni. Sostenni allora che la gestione degli affari correnti nel periodo preelettorale dovrebbe restare affidato al Governo uscente (allora il Governo Colombo), che, se non altro, era stato espressione di una maggioranza parlamentare. Ma le conclusioni che oggi ne trae Schifani sono del tutto arbitrarie. Non solo perché quella opinione dottrinale non fu seguita dalla prassi. Ma perché essa riguardava una fattispecie del tutto diversa da quella attuale.

Tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione (con la sola eccezione della pattuglia radicale), concordavano allora sulla opportunità di sciogliere le Camere. Questa convergenza oggi non c’è. Numerosi partiti ritengono che prima di sciogliere le Camere si debba tentare di approvare una buona legge elettorale, sostituendo il famigerato porcellum. La stessa esigenza è sostenuta da molti esponenti della società civile, dalla Confindustria ai sindacati, dalle organizzazioni del commercio e dell’artigianato ad autorevoli esponenti della Chiesa cattolica.

Altri ricordano che basterebbero pochi mesi per approvare, oltre a una nuova legge elettorale, anche la riforma costituzionale che alla Camera ha già ottenuto ampi consensi: essa riduce drasticamente il numero dei parlamentari, rafforza i poteri del premier, affida alla sola Camera il grosso della legislazione e il potere di dare o negare la fiducia al Governo, riforma il Senato, semplifica l’approvazione delle leggi, rafforza il ruolo dell’opposizione. E lo fa in modo equilibrato, sull’esempio delle grandi democrazie parlamentari europee, senza gli accenti plebiscitari che condannarono alla bocciatura referendaria la riforma approvata dal Parlamento nel 2005.

Quanto io ed altri costituzionalisti sostenemmo allora non ha dunque nulla a che fare dunque con il tentativo di formare un governo "di scopo" o "a termine", per fare la riforma elettorale, ed eventualmente per portare a termine la riforma costituzionale o per gestire le crisi in atto. Aggiungo che quella nostra interpretazione dottrinale non prevalse. Il Governo Andreotti si formò e altri in circostanze analoghe, come l’ultimo Governo Fanfani. I precedenti sono dunque contro la tesi di Schifani.

*) Presidente di A.S.T.R.I.D. (Associazione per gli Studi e le ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche) ed ex ministro della Funzione Pubblica dal 1996 al 2001