lunedì 12 settembre 2016

LE RAGIONI DEL MIO NO (2/3) - A spese di tutti

La revisione costituzionale rafforzerebbe unilateralmente il Governo indebolendo tutti gli altri poteri costituzionali

di Felice C. Besostri

Abbiamo visto che la revisione costituzionale in procinto di essere sottoposta a Referendum i poteri del Governo aumentano. Ma – dopo aver rafforzato il Primo Ministro – c’è che il Governo, e solo il Governo (neppure la Camera dei Deputati a maggioranza assoluta!), può “intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva” (grazie al nuovo art. 117 c. 4 Cost.) basta che affermi di farlo per tutelare l'interesse nazionale o l'unità giuridica ed economica della Repubblica

    In forza del nuovo art. 72 c. 7 Cost., il Governo, quando dichiari un disegno di legge essenziale per il proprio programma (dichiarazione non soggetta a controllo), può imporne l’iscrizione nel programma dei lavori della Camera affinché possa essere approvato in via definitiva entro 70 giorni. Un'umiliazione di un Parlamento nel quale il Governo detiene comunque la maggioranza grazie al premio (vedi alla voce “Italikum”) che gli attribuisce 340 seggi su 630. Ma non si fida neppure della sua maggioranza! Bastava introdurre il voto di sfiducia costruttiva, istituto che funziona benissimo in Germania. In questo modo, invece, la Camera è ridotta a ratificare senza discussione tutto quel che vuole il Governo e il suo Presidente.

    In realtà il Governo si rafforza indebolendo tutti gli altri poteri costituzionali.

    Il Senato di 100 membri non rappresenta più il popolo italiano, che comprende anche i cittadini residenti all'estero, e neppure le “istituzioni territoriali” come falsamente dice il nuovo art. 57 c. 1 Cost.

    I cinque membri della Corte Costituzionale sono stati finora eletti da un Parlamento di 945 membri in seduta comune. D’ora in poi ci sarebbero tre membri eletti da una Camera nelle mani del Governo e due da un Senato di appena 100 membri, a mezzo servizio, i quali penseranno ovviamente a nominare giudici che difendano i loro interessi e non i principi costituzionali.

    L’elezione del Presidente della Repubblica dipenderà dalla lista vincitrice grazie al premio di maggioranza, la quale può bloccare all'infinito la procedura, frattanto occupando il posto di Capo dello Stato provvisorio con il “proprio” Presidente della Camera (nuovo art. 86 c. 1 Cost.). Il Presidente della Camera appartiene infatti al Governo conseguendone l’elezione dal “bottino maggioritario” (vedi alla voce “Italikum”).

    Il capo della lista tributaria del premio di maggioranza ha uno strumento di pressione in più nei confronti del Presidente della Repubblica, perché questi può essere messo in Stato d'accusa dalla maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune (art. 90 Cost.).  Ma non c’è più un Parlamento di 945 membri eletti, né il quorum è di 473 voti. D’ora in poi c’è solo una Camera di 630 membri dominata dal partito di Governo più 100 Senatori nominati. Cioè il quorum è ora di 365 voti. A tal fine il Capo del Governo non deve far altro che trovare 25 senatori. Impresa particolarmente facile tra i sindaci e i consiglieri regionali appartenenti allo stesso partito tributario del premio di maggioranza e quindi influenzabili (ricattabili?) o perché in scadenza di mandato o perché comunque sensibili alla benevolenza finanziaria del governo.

    I costi della politica sono stati identificati soltanto con le indennità di carica dei rappresentanti eletti dal popolo e non con una riduzione dei costi degli apparati: la sola Presidenza del Consiglio ha più addetti (e costa più) del Senato a causa di una pletora di consulenti strapagati e scelti discrezionalmente, la grande maggioranza senza concorso pubblico, in spregio all'art. 97 c. 3 Cost..

    Una riduzione del 10% di tutte le indennità avrebbe comportato un risparmio maggiore della riduzione di 215 senatori.

    Che il costo delle indennità dei senatori consiglieri regionali e sindaci sia pagata dalle loro Regioni o Comuni è un risparmio per il bilancio dello Stato, ma un costo maggiore per Regioni e Comuni, che pagano un'indennità per svolgere un lavoro diverso da quello per cui sono stati eletti, con l'aggravio di indennità di trasferta. E che dire dell'assurdità d’indennità diverse per la stessa funzione senatoriale, ove questa sia svolta dal deputato regionale siciliano, pagato come un parlamentare nazionale, piuttosto che dal sindaco di un piccolo Comune che percepisce 2.000 euro al mese?

    Il nuovo Senato dovrebbe rappresentare le “autonomie”, ma non è vero: rappresenta solo i consigli regionali che scelgono i sindaci all'insaputa dei loro colleghi nella stessa Regione.

    Il nuovo Senato dovrebbe rappresentare le autonomie… Ma allora perché si tiene nascosto che, se il Sindaco di una delle Città Metropolitane (le entità territoriali più importanti) si fa eleggere direttamente, non può essere nominato senatore: un'assurdità.