lunedì 22 settembre 2014

MEARSHEIMER: “LA CRISI IN UCRAINA È COLPA NOSTRA”

Analisi geopolitica

 

 Gli Stati Uniti e i loro alleati europei possono continuare la loro attuale politica, che drammatizza le ostilità con la Russia e rischia nel tempo di devastare l'Ucraina, oppure possono cambiare marcia e lavorare per creare una prospera, ma neutrale Ucraina, che non minacci la Russia e permetta all'Occidente di ricucire i rapporti con Mosca. Con questo approccio, tutte le parti avrebbero vinto, altrimenti le responsabilità per la crisi ucraina ricadranno sull'Occidente. Questa la tesi che John Mearsheimer, autorevole esperto di politica internazionale, sostiene sull'ultimo numero di Foreign Affairs. Di seguito riportiamo ampi stralci del saggio di Mearsheimer nella traduzione italiana approntata da Fabio Vander.

 

di John J. Mearsheimer

professore di Scienza della politica all'Università di Chicago, condirettore del Program on International Security Policy

 

La maggior parte dei 'realisti' si sono opposti all'espansione (della NATO a Est, ndr) , nella convinzione che una grande potenza in declino, con l'invecchiamento della popolazione e un'economia unidimensionale, non ha di fatto bisogno di essere contenuta. Temevano anzi che l'allargamento avrebbe solo dato a Mosca un incentivo a creare problemi in Europa orientale. Il diplomatico americano George Kennan, ha articolato questo punto di vista in un'intervista del 1998, poco dopo che il Senato americano aveva approvato il primo round di espansione della NATO: "Penso che i russi possano nel tempo reagire molto negativamente a questo fatto e che ciò potrà avere effetti sulle loro politiche (…) Penso che si tratti di un tragico errore; non c'era ragione per questa scelta. Nessuno stava minacciando nessun altro."

    (…) Kennan aveva non solo previsto che l'espansione della NATO avrebbe potuto provocare una crisi, ma anche che a quel punto i fautori dell'espansione avrebbero detto che "la colpa è del modo di essere dei russi." E, infatti, come si fossero dati un segnale, la maggior parte dei funzionari occidentali ha cominciato a ritrarre Putin come il vero colpevole della situazione in Ucraina. Nel mese di marzo, secondo il New York Times, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha sostenuto che Putin era irrazionale, mentre secondo Obama egli vive "in un altro mondo."

    Anche se Putin ha indubbiamente tendenze autocratiche, nessuna prova può seriamente sostenere l'accusa che egli sia mentalmente squilibrato. Al contrario: egli è uno stratega di prima classe che dovrebbe essere temuto e rispettato da chiunque intendesse sfidarlo in fatto di politica estera.

    Altri analisti sostengono, più plausibilmente, che Putin deplora la scomparsa dell'Unione Sovietica ed è determinato ad invertire tale tendenza, espandendo i confini della Russia. Secondo questa interpretazione, Putin, dopo aver preso Crimea, sta ora testando le acque per vedere se è il momento giusto per conquistare l'Ucraina o almeno la sua parte orientale e anzi finirà per comportarsi in modo aggressivo anche verso gli altri paesi confinanti con la Russia. Per alcuni in questo campo Putin rappresenta un moderno Adolf Hitler e siglare qualsiasi tipo di accordo con lui sarebbe ripetere l'errore di Monaco. Anche per questo la NATO dovrebbe far entrare la Georgia e l'Ucraina e contenere la Russia prima che si impossessi dei suoi vicini e minacci l'Europa occidentale.

 

 

Questo argomento però cade a pezzi ad un controllo ravvicinato. Se Putin fosse impegnato a creare una grande Russia, i segni delle sue intenzioni sarebbero quasi certamente sorti prima del 22 febbraio, ma prima di tale data non vi è praticamente alcuna prova che egli avesse deciso di prendere la Crimea e tanto meno qualsiasi altro territorio in Ucraina. Anche i leader occidentali che hanno sostenuto l'espansione della NATO mai hanno denunciato il pericolo che la Russia stesse per usare la forza militare. L'azione di Putin in Crimea li ha colti completamente di sorpresa ed è stata vista come reazione spontanea alla cacciata di Yanukovich. Lo stesso Putin ha detto che si era sempre opposto alla secessione della Crimea, prima di cambiare rapidamente idea.

    Inoltre, anche se lo volesse, la Russia non ha la capacità di conquistare e annettere facilmente la parte orientale dell'Ucraina, tanto meno l'intero paese. Circa 15 milioni di persone – un terzo della popolazione ucraina – vivono tra il fiume Dnepr, che taglia in due il paese e il confine con la Russia. La stragrande maggioranza di queste persone vogliono rimanere parte dell'Ucraina e sarebbero sicuramente in grado di resistere ad una occupazione russa. Inoltre l'esercito mediocre della Russia, che mostra pochi segni di trasformarsi in una moderna potenza bellica, avrebbe poche possibilità di pacificare tutta l'Ucraina. Mosca non è neanche nelle condizioni di pagare il prezzo di una esosa occupazione; la sua debole economia soffrirebbe ancora di più a fronte di sanzioni conseguenti.

    Del resto anche se la Russia potesse vantare una potente macchina militare e una economia impressionante, sarebbe probabilmente ancora incapace di occupare con successo l'Ucraina. Basti pensare alle esperienze sovietiche e statunitensi in Afghanistan, alle esperienze degli Stati Uniti in Vietnam e in Iraq, all'esperienza russa in Cecenia per convincersi che le occupazioni militari di solito finiscono male. Putin sa sicuramente che il tentativo di sottomettere l'Ucraina sarebbe come ingoiare un porcospino. La sua risposta agli eventi è stata di tipo difensivo, non offensivo. (1/2 – Continua)

 

Versione italiana a cura di Fabio Vander

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