mercoledì 19 ottobre 2011

1 5 0 - I Siciliani

di Riccardo Orioles

 

«Mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa... » disse una volta, profeticamente, Pippo Fava, lo scrittore ucciso dalla mafia a Catania nel 1984. ) Ma gli assassini non hanno potuto cancellarne la memoria. E ora il suo giornale, I Siciliani , rinasce. Ce ne parla Riccardo Orioles, amico e sodale di Fava, oltre che animatore di una nidiata di nuovi giornalisti, a Catania e nel web ( http://www.isiciliani.it/-   http://www.ucuntu.org/ ).

 

Parlare dei Siciliani, in un momento come questo, ha un significato preciso. I Siciliani sono stati una delle primissime voci, e dei primi soggetti militanti, della società civile. Non si parlava delle troie di Berlusconi, a quel tempo, si parlava degli imprenditori mafiosi – e cioè del potere. Se ne parlava direttamente e senza mediazioni, muro contro muro.

    Se ne parlava all'interno di un blocco sociale preciso, i giovani delle facoltà e delle scuole, il ceto medio più civile, e – per brevi momenti – nel corpo della plebe siciliana. Pochi operai, poche fabbriche, ma emarginazione e miseria e un'atavica storia, non dimenticata, di ribellioni.

    Non era ovvio il legame, a quel tempo, fra le fabbriche del nord e i nostri quartieri. Gli operai siciliani in Fiat lottavano come tutti gli altri. Ma tornando in Sicilia trovavano un altro mondo.

    Da allora sono passati trent'anni. La mafia, il potere mafioso, non è più siciliano. Sta dilagando a Milano, a Roma è nel partito di governo. La fabbrica - Marchionne insegna - non è più la patria intangibile, ma il luogo dell'insicurezza e del non-diritto. "Lavoratore" vuol dire, a nord e a sud, tante cose, ma principalmente non avere un posto fisso e dei diritti legali. Sempre più spesso, "precario" sostituisce "impiegato" e "operaio".

 

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La lotta radicalissima di trent'anni fa, contro la mafia imprenditrice e tutto il suo potere è quindi più attuale ancora di prima. Ci manca, quella lotta. Ci manca un'antimafia complessiva, terreno per l'unità delle forze - dei giovani, dei precari, di tutti i non-cannibali del Paese - e per un nuovo patto di generazione. Per un nuovo rapporto col nostro Stato, che dobbiamo difendere ma che dev'essere nostro, com'era stato fondato. L'antimafia, la militanza antimafia, la cultura antimafia, il governo antimafia, in questo preciso senso sono il possibile inizio di qualcosa.

 

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I Siciliani era un giornale, e anche Siciliani Giovani vuol esser tale. Ma i Siciliani erano molto più di un giornale, erano un punto di partenza ed un motore. E anche noi, ora, vorremmo essere tali. In Sicilia? No. Nel Paese. Da soli? No. In rete con altri, con serietà e modestia, tutti insieme.

     "Siciliani" per noi non indica un pezzo di terra, una regione, ma il simbolo di una lotta di tutti, il luogo dove la lotta è iniziata – ma non dove sarà decisa. A Milano come a Catania, a Modica come a Ovada, in questo siamo tutti Siciliani.

 

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E' terminata la prima fase di progettazione, e da domani cominciamo a lavorare al numero uno di questo nuovo/antico giornale. Rinasce con la rinascita del Paese, nelle stesse settimane e negli stessi mesi. Guarda davanti a sé, senza voltarsi indietro. Con una parola di lotta – la Marsigliese, i Siciliani – ed una di speranza. Quel giovani è la storia d'Italia, quante volte tradita dai patriarchi, quante volte salvata dai giovani senza-potere.