mercoledì 19 ottobre 2011

Occupy Wall Street

IPSE DIXIT


Per fortuna - "Per fortuna avevo il casco, altrimenti sarei morto". – Fabio T., carabiniere (Roma, 15.10.2011)


Se l'opposizione - «Se l'opposizione fosse stata presente in Aula e in grado di far parlare uno solo dei suoi esponenti, indicando le cose che un governo alternativo potrebbe fare nel breve periodo che resta della legislatura, il quadro sarebbe cambiato.» – Emanuele Macaluso

 

 

LAVORO E DIRITTI

a cura di  www.rassegna.it


Occupy Wall Street


Intervista a Robert Cammiso, 48 anni: "Guadagnavo più di 100mila dollari. Poi ho perso il lavoro, e ho cominciato a partecipare".


di Davide Orecchio e Fabrizio Ricci


La premessa è d'obbligo: dalle parti di Occupy Wall Street ognuno parla per sé, sempre al singolare e mai al plurale, perché il movimento nordamericano non si è dato leader e nemmeno portavoce. Robert Cammiso però, newyorkese di origini napoletane, dall'alto dei suoi 48 anni si sente in qualche modo "adatto" a raccontare quello che sta succedendo a poche centinaia di metri dal cuore della finanza mondiale, appunto Wall Street.

   Lì, nella Lower Manhattan, a Zuccotti Park, va avanti da quasi un mese un'occupazione simbolica, avviata inizialmente da un piccolo gruppo di giovani militanti che poi si è andato man mano allargando, fino a raggiungere numeri molto significativi (soprattutto per gli Usa) e ad espandersi in molte altre città, grandi e piccole, dal Maine fino alla California. Oggi hanno strappato una vittoria importante: il sindaco Bloomberg aveva annunciato lo sgombero del parco con la scusa dell'emergenza sanitaria. Ma poi l'amministrazione ha rinunciato a pulire il parco. E sotto la pioggia gli occupanti hanno esultato.
    Si autodefiniscono "the 99%", si identificano con "il popolo" ("we, the people"), candidandosi a rappresentare quella grande maggioranza di americani costretta a subire passivamente le decisioni e i soprusi di una ristretta minoranza di miliardari, banchieri e finanzieri, corporations e politici corrotti. I sintomi di una classe media in rivolta ci sono tutti.


Cammiso, che ci fa uno come lei in mezzo a questo movimento fatto soprattutto da giovani e giovanissimi? Quale è la sua storia personale?


Ho lavorato per trent'anni come manager nel settore dell'edilizia. Guadagnavo molto, circa 110mila dollari all'anno. Poi nel 2001 ho perso il lavoro e da lì è cominciata una parabola discendente. Ho cambiato molti lavori, guadagnando sempre meno, finché nel 2010 mi sono ritrovato disoccupato. Allora ho deciso di tornare al college a tempo pieno e ora sono uno studente di logopedia. Quando ho visto quel gruppo di giovani così determinati iniziare l'occupazione a Wall Street mi sono sentito in dovere di raggiungerli e ho cominciato a partecipare.


Ci può spiegare come siete organizzati? Insomma, ormai è quasi un mese che l'occupazione va avanti, ma non sembrate intenzionati ad andarvene tanto presto.


E' un movimento di nuova generazione. Io potrei tranquillamente essere il padre di molti di quei ragazzi. Al tempo stesso è molto sofisticato e democratico, ma non per questo si può parlare di un movimento disorganizzato. Direi piuttosto che è "decentralizzato". Tramite Twitter mandiamo alle persone messaggi istantanei, così tutti possono essere nel luogo prestabilito al momento prestabilito. Due volte al giorno teniamo l'assemblea generale, costruita dai gruppi di facilitazione. Ci sono gruppi per molti temi: media, cibo, sanità, ecc. Ogni rappresentante di gruppo prende la parola e parla a tutti, ma rigorosamente senza amplificazione.


E come riesce a farsi sentire allora?


Usiamo il "people microphone". Chi parla lo fa lentamente, scandendo le parole. Tutti quelli che sono seduti nelle prime file ripetono in corso quello che viene detto. A loro volta quelli più indietro ripetono e così le parole arrivano a tutti, senza bisogno di microfoni o amplificatori. Ci sono anche segni per interagire con chi parla. Per dire che siamo d'accordo, evitando gli applausi che coprirebbero la voce, alziamo le mani con le dita rivolte verso l'alto. Se invece non siamo d'accordo le teniamo puntate verso il basso. Formare un triangolo con le dita significa invece che il concetto non è chiaro e si chiedono spiegazioni. Altro elemento importante: il linguaggio di chi parla è sempre in prima persona: "Io propongo", "Io penso". Non: dovremmo fare questo, o dovremmo fare quest'altro.


Quanti siete ad occupare?


Io non parlerei di occupazione. Secondo me è piuttosto una forma di colonizzazione. Abbiamo creato un'isola autosufficiente in una zona affollatissima di Manhattan. Abbiamo il nostro cibo, la nostra energia (un generatore elettrico): non abbiamo bisogno di nessuno. Attualmente comunque oltre 150 persone dormono nel parco ogni notte. Ma di giorno le presenze salgono a 5mila, 6mila persone. All'ultimo corteo eravamo 25mila. Cifre molto alte per gli Stati Uniti. Un paese in cui le persone non scendono molto in piazza a protestare perché hanno paura di essere arrestate.


E infatti molti manifestanti di Occupy Wall Street sono stati arrestati, tra cui, se non sbagliamo, lei stesso.


Sì, sono uno dei 700 arrestati sul ponte di Brooklyn. Ma quando è successo, dopo che la paura del primo momento si è fatta da parte, mi sono sentito ancora più determinato, capace di tutto. Si aprono nuove possibilità, quando hai superato la paura di essere arrestato.


Cosa pensa delle parole di Obama che ha detto di capire il movimento perché rappresenta il malessere che esiste nel paese?


Il discorso di Obama è stato curioso. Molti politici stanno iniziando ad appoggiarci, ma noi non abbiamo chiesto l'appoggio di nessuno. Questo movimento è stato lanciato da 80 giovani, ma ora che siamo nella quarta settimana le persone iniziano a incuriosirsi. Tuttavia, Democratici e Repubblicani si sono rivelati due facce della stessa medaglia, con in mezzo le corporations.


A proposito di appoggio, richiesto o meno, la scorsa settimana è arrivato quello di molti sindacati e associazioni. Questo è importante o no per il movimento?


Sindacati nazionali e locali sono venuti a marciare insieme a noi. C'erano almeno 10-15mila persone in corteo. Questo è quello che conta. L'obiettivo è che le persone si uniscano a noi, non che lo facciano le associazioni, i sindacati o altre istituzioni. Le persone ci interessano, le sigle no. Quello che sta accadendo è un fallimento di sistema e tutte le organizzazioni sono coinvolte. Ma le persone sono benvenute nel movimento, anche se ci saranno disaccordi. L'importante è comunicare, conversare tra persone uguali.


Qualcuno vi ha ribattezzato il tea party della sinistra, cosa ne pensa?


Rifiuto questa definizione. Questo non è un movimento di destra o sinistra. Stiamo riorganizzando le persone di questo paese intorno a obiettivi comuni. Senza gridare gli uni contro gli altri. Il nostro movimento verte sull'organizzare temi comuni. Non vogliamo farci etichettare: Repubblicani, Democratici... non possono definirci, e questa è la nostra forza. Politici e media sono in difficoltà perché questo movimento non comunica con loro, non li cerca e loro non sanno come raccontarci.


Ok, ma avrete pure degli obiettivi, qualcosa a cui puntate?


Prima di tutto l'idea è di mandare un messaggio: noi esistiamo e non possiamo essere ignorati. Rappresentiamo il 99% della gente. Detto questo, io non posso dirvi cosa vogliamo o cosa non vogliamo. Ognuno di noi ha le sue idee, le sue priorità. Non possiamo fare ora un elenco dei nostri desideri. Non possiamo farlo ora che il movimento sta crescendo e ci sono sempre più persone nelle strade. In ogni caso abbiamo un sito con proposte e richieste ( www.occupywallstreet.org ). Tutti possono pubblicare le proprie. C'è chi chiede l'istruzione gratuita, chi una tassa sulle corporations e sui ricchi e via dicendo. Questo forse è il vero punto di contatto tra di noi, tutti lavoriamo per il bene comune e pensiamo che anche i ricchi debbano contribuire. Se fai soldi, benissimo, nulla di male. Ma devi comunque contribuire al bene comune. Si tratta di rendere le persone responsabili.


In altre parole sembra di capire che vogliate in qualche modo cambiare l'agenda della politica. E' così?


Direi di sì. Qui nessuno vuole l'anarchia o la caduta del governo. Ma sappiamo qual è il problema: le corporations, il governo stesso, le diseguaglianze. Con questi temi vogliamo misurarci e intervenire sull'agenda del governo. Perché in questo paese da troppo tempo i politici vengono a dirci cosa è importante, quali sono le priorità, mentre ora vogliamo essere noi a scegliere. D'altronde, noi siamo il 99%.