"Vogliamo guardare al futuro. C’è in noi il convincimento profondo che il pensiero e la cultura socialista costituiscano il più importante e decisivo fattore di innovazione, di partecipazione, di giustizia e di libertà delle moderne democrazie e delle società contemporanee". Il dibattito sulla sinistra e il socialismo in Italia si è arricchito del documento del gruppo “Democrazia e Socialismo” che gravita intorno a Gavino Angius. Pubblichiamo il testo e segnaliamo che “Democrazia e Socialismo” ha convocato un'assemblea a Roma il 18 ottobre prossimo, presso la Sala della Conferenze di Piazza Montecitorio 123, dalle ore 9.30
1.
La tempesta economica e finanziaria che ha colpito le piazze economiche mondiali ha assunto connotati eccezionali ed è destinata a produrre i suoi effetti per lungo tempo. E’ sempre più chiaro che la crisi partita dagli Stati Uniti d’America sta avendo conseguenze gravi in tutta Europa e anche in Italia, sia per quanto riguarda il contesto economico generale sia per il suo impatto di breve e medio termine sull’economia reale. Il tema non è quello della sopravvivenza del capitalismo e nemmeno è in discussione la funzione decisiva del mercato, perché essi hanno assunto nel corso della storia forme e connotati diversi, ma semmai di questa loro versione “virtuale” che da molti era stata indicata come una loro inevitabile evoluzione alla quale occorreva prontamente rassegnarsi. Le positive trasformazioni del capitalismo in senso redistributivo nel corso del secolo scorso sono state determinate dalla grande vicenda del socialismo democratico, dal movimento dei lavoratori e da scelte di politica economica a partire dal New Deal rooseveltiano. Esperienze preziose e irrinunciabili per poter effettuare una analisi rigorosa a cui far seguire delle scelte efficaci. Le sfide che stanno di fronte alla sinistra socialista, democratica e riformista sono quindi squisitamente politiche: tra esse hanno assunto particolare rilievo le regole che dovrebbero governare il mercato, i caratteri, i contenuti, le forme dell’intervento dello Stato nell’economia e ancora le politiche pubbliche di sostegno alla domanda e le politiche fiscali redistributive. Ma la crisi in atto è destinata a produrre i suoi effetti anche in uno storico cambiamento degli equilibri politici mondiali a vantaggio di paesi come la Cina, l’India, la Russia e il Brasile.
Il capitalismo finanziario e le economie dei paesi più avanzati usciranno trasformati da questa crisi. Nelle grandi democrazie occidentali la rottura dell’alleanza storica tra capitalismo globalizzato, capitalismo nazionale e Stato Sociale a vantaggio di una finanziarizzazione diffusa e di un liberismo selvaggio teorizzato prima dal reaganismo e dal thatcherismo poi dall’amministrazione Bush, hanno portato il mondo sull’orlo della catastrofe. Il liberismo di fine secolo e quello del terzo millennio non hanno affatto mantenuto le loro promesse. Le economie sono cresciute, ma le disuguaglianze sono aumentate. L’economia di carta ha sopraffatto l’economia reale e il lavoro. La Democrazia si è diffusa ma le libertà sono state spesso limitate e compresse. In questo drammatico contesto il pensiero e le culture socialiste e democratiche insieme a quelle liberali e democratiche si riappropriano del loro valore, come fonte inesauribile di giustizia, di crescita, di benessere. Il socialismo democratico e liberale come pensiero politico e culturale non può essere espunto da un qualsiasi progetto che abbia ora l’ambizione di superare queste grandi contraddizioni e questo lascito di rovine, non solo economiche e finanziarie, che ereditiamo dalla destra conservatrice che negli Usa e in Europa ha egemonizzato culturalmente la guida dei governi.
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Anche per le ragioni appena esposte e per le conseguenze economiche e sociali che da esse scaturiscono c’è in noi la piena consapevolezza dell’immane compito cui sono chiamate oggi in Italia le forze democratiche e di sinistra.
Il centrosinistra ha subito una sconfitta storica, nessuna forza di sinistra è in Parlamento e il Pd ha perso la sua sfida con il Pdl. Il centrodestra è maggioranza in Parlamento e nel Paese. L’Italia attraversa una crisi economica e sociale tra le più gravi della sua storia. Il carattere congiunturale della crisi si intreccia però con carenze strutturali con un sempre più accentuato divario economico e sociale tra nord e sud del paese che rischia di sospingere l’Italia verso una recessione reale, tra alta inflazione e crescita zero. In un paese percorso da tensioni e paure per il futuro la sua coesione sociale è sul punto di sgretolarsi. Intolleranza, violenza, xenofobia e razzismo si diffondono in modo crescente. L’allarme sollevato da una parte importante della Chiesa italiana è, a questo proposito, di grande significato. I valori fondanti della Repubblica e della nostra Costituzione sono messi a rischio. Una destra aggressiva e senza ritegno porta l’Italia verso una regressione politica, ideale, morale, che mina le fondamenta e gli equilibri della nostra democrazia e della convivenza civile. Ci sono valori come l’unità del nostro paese, la sua coesione sociale, la sua aspirazione alla giustizia, il suo insopprimibile diritto di libertà, senza distinzione alcuna, che non sono né trattabili né discutibili. Così come ci sono principi come quello della laicità dello Stato che costituiscono una barriera insormontabile a tutela della effettiva pienezza della nostra democrazia.
Nel governo del Paese, e nella sua costituzione materiale, si affermano forme abnormi di presidenzialismo nell’essenza del potere, se non di autoritarismo, che, senza contrappesi e senza controllo, svuotano le funzioni degli organi di garanzia a cominciare da quella del Parlamento. Siamo in presenza di una alterazione crescente degli equilibri democratici su cui si regge l’ordinamento della Repubblica. Non è in discussione la legittimità del governo e la facoltà di attuare il suo programma. Parliamo della necessità di preservare beni comuni: la nostra democrazia, la nostra libertà, la nostra società. Noi avvertiamo il rischio che in una situazione tanto difficile, l’opposizione al governo Berlusconi appaia impotente, evanescente e divisa. Sentiamo di correre il pericolo che un’Italia che è “contro”, stenti a trovare voce, che perda fiducia in se stessa e in ciò in cui crede, che possa aumentare quella sorta di frustrazione civile che già esiste, e infine temiamo che una grande parte del paese non riesca a esprimere ciò che sente. Qui c’è il compito nuovo della politica. Un compito non solo nostro.
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Noi avvertiamo la necessità di una riforma profonda della politica: il rinnovamento dei suoi contenuti, delle sue forme organizzative e partecipative, dei suoi fini, della sua capacità di ascolto delle sue motivazioni di fondo. E’ su queste basi che le culture politiche riformiste che si riconoscono nel centrosinistra dovranno impegnarsi per offrire agli italiani un progetto nuovo per la crescita non solo economica, ma sociale, civile, culturale del nostro Paese. Non sconfiggeremo né il governo né il Pdl con furbizie tattiche, manovre contingenti o mosse politiche di corto respiro. Possiamo imprimere contenuto ideale alle nostre politiche, dare ad esse un respiro innovativo e riformatore, possiamo avere l’ambizione di offrire a questo nostro Paese un’alternativa seria, credibile e giusta rispetto alle disastrose scelte del governo. Ma ciò dipende in buona misura da noi. E’ sulla base di questa considerazione che pensiamo si debba lavorare per costruire un nuovo centrosinistra riformista. Il Pd ne è la forza principale. Noi ci sentiamo parte significativa di quelle forze, democratiche e socialiste, di centro e di sinistra, laiche, cattoliche, ambientaliste che in questi anni hanno affrontato le difficili sfide prima contro il governo di centrodestra e poi nel governo del Paese guidato da Prodi. La nascita del Pd non ha risolto la crisi politica in cui a lungo si è dibattuto nel centrosinistra, lacerato da insanabili contraddizioni. Era necessario a nostro giudizio un chiaro confronto e un’aperta battaglia politica che le forze riformiste avrebbero dovuto condurre contro ogni forma di radicalismo, di settarismo, di ideologismo che ha lacerato il nostro campo politico e che è stato la causa del venir meno del rapporto di fiducia con larghi strati di cittadinanza. Non solo dopo la crisi del governo Prodi ma anche prima è stato un errore pensare di poter fare a meno di quelle forze che ai valori e alle idee del socialismo democratico europeo hanno sempre fatto riferimento.
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Vogliamo guardare al futuro. C’è in noi il convincimento profondo che il pensiero e la cultura socialista costituiscano il più importante e decisivo fattore di innovazione, di partecipazione, di giustizia e di libertà delle moderne democrazie e delle società contemporanee. A quei valori non solo non rinunciamo ma intendiamo riaffermarli in un impegno politico e in una battaglia ideale di cui vogliamo essere protagonisti. Noi abbiamo profuso le nostre energie – e in essa abbiamo profondamente creduto – nel sostegno e nell’avvio della Costituente socialista. Essa aveva come fine la costruzione di un partito nuovo, socialista, di sinistra, europeo, riformista e di governo, che fosse aperto ad altre culture politiche e che potesse finalmente avviare in Italia la costruzione di un partito che per insediamento sociale, forza organizzata, consensi elettorali, e quindi capacità rappresentativa, fosse paragonabile ad altri partiti europei. Era un progetto certamente ambizioso e sicuramente difficile da realizzare. Ma non impossibile. Questo nostro impegno e questo nostro sforzo è stato vanificato da errori e limiti soggettivi, ma anche da ragioni oggettive. In tutta la sinistra italiana ha infatti prevalso, sia durante il biennio del governo Prodi, che successivamente, quando la sua caduta ha portato allo scioglimento del Parlamento, un riflesso identitario autorefernziale. Ciascuna delle componenti di sinistra è stata risucchiata dal vortice delle dichiarazioni quotidiane; ciò ha fatto smarrire alla sinistra, sia radicale sia riformista, il senso della sua missione e della sua funzione politica. La Costituente socialista così come era stata pensata si è esaurita. E’ stata un’occasione perduta.
Lo stesso risultato elettorale, per la sinistra e per i socialisti, ne è stata la prova. Quel voto ha segnato anche la disfatta della sinistra radicale e la sconfitta del disegno politico del Pd. Il governo del Paese, infatti, è andato al Pdl. Nessuna forza politica del centrosinistra ha fatto una seria analisi degli errori, delle ragioni e delle caratteristiche, aggiungerei anche, di quella sconfitta politica. Anche da qui derivano le difficoltà e lo smarrimento di oggi. A noi pare chiara una cosa. Le autosufficienze identitarie dei diversi partiti del centrosinistra, così tenacemente difese dalle diverse nomenclature, sono un ostacolo se non addirittura un danno, al ritorno di una politica di lungo respiro capace di creare quelle condizioni indispensabili al cambiamento e al rinnovamento di cui ha bisogno l’Italia. Lo stesso Pd, così com’è, non basta. C’è un divario tra la sua ambizione ad essere una forza politica a vocazione maggioritaria e la forza e i consensi che raccoglie.
E forse è proprio per il suo modo di essere che non riesce ad espandere sufficientemente i suoi consensi.
Ma dal Pd non si può prescindere. Questo ci dice la rapida trasformazione del sistema politico italiano. Una trasformazione sempre più bipolare. Come abbiamo detto, il Pd è quel che è, ma è quel che c’è.
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Il sistema politico italiano, per una serie di diversi fattori è radicalmente cambiato. Si è affermato un bipolarismo a maglie strette che è destinato ad accentuarsi ulteriormente fino ad arrivare ad un sostanziale bipartitismo. Questo impressionante e rapido mutamento produrrà i suoi effetti sui partiti politici, sulle istituzioni, sul Parlamento, sui suoi regolamenti, e sull’intero ordinamento costituzionale. Nel centrosinistra dunque la funzione politica del Pd diventa fondamentale. Ma non sarà affatto insignificante la funzione che altre culture politiche democratiche e di sinistra che oggi non si riconoscono nel Pd possono svolgere. Noi avvertiamo la urgente necessità di una svolta. In un anno è cambiato tutto. Misurarsi con questi mutamenti vuol dire anzitutto prendere atto di essi e affrontarli in modi nuovi e diversi dal passato, affinché quelle idee e quei valori che costituiscono il nucleo essenziale della storia, della cultura e del pensiero socialista, laico e democratico, non siano dispersi vanificati e affidati alla memoria storica. Noi pensiamo che in forme diverse dal passato e con una progettualità fortemente innovativa ci si debba porre l’obiettivo di raccogliere un insieme di forze, e di culture politiche diverse che possano riconoscersi in un nuovo centrosinistra riformista e condividere un progetto di rinnovamento della società italiana e dello Stato. Noi vediamo i limiti e le criticità del modo di essere del Pd. Restano per noi irrisolte questioni non secondarie come la piena e chiara affermazione del principio di laicità, la collocazione internazionale, la definizione della forma partito. Ma in una forza politica in cui convivono diverse culture ed esperienze la definizione di queste questioni è affidata al dibattito aperto, al confronto schietto e infine alle decisioni del partito stesso. Sarebbe tuttavia insensato non valutare come essenziali le forze, le persone e il ruolo che nella società italiana e nelle istituzioni repubblicane ha il PD e non aprire con esso un dialogo e cercare di assumere impegni comuni.
D’altra parte le sfide della competizione globale e le crisi che su scala mondiale stanno così marcatamente segnando la società contemporanea, - parliamo dei rischi di ritorno alla guerra fredda, della non sopita minaccia del terrorismo fondamentalista, dei cambiamenti climatici indotti dal riscaldamento del pianeta, e dal diffondersi delle condizioni di miseria e di fame in cui vivono oltre un miliardo di esseri umani - devono indurre ad una riflessione nuova sul ruolo dell’Italia nella crisi internazionale.
I riflessi possibili in Europa e in Italia del crollo dei santuari della finanza mondiale negli Usa e delle drammatiche conseguenze su milioni di cittadini e di famiglie stanno portando a riflettere sulla precarietà e sui pericoli cui espone quel liberismo sfrenato che ha costituito per anni il credo della destra conservatrice non solo in America.
Il fallimento del cd. ‘Washington Consensus’ pone l’urgenza di ridisegnare le regole che presiedono al trasparente funzionamento dei mercati e dei prodotti a livello globale, e un ruolo chiave dovrà essere assolto da una ben più coordinata e convincente politica europea che ancora stenta ad affermarsi. Occorre dunque riflettere attentamente su questa dimensione.
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L’area politica che noi rappresentiamo si compone di personalità che hanno alle spalle percorsi politici diversi ma che sono unite nel convincimento profondo che una sinistra riformista, socialista, laica europea possa dare un contributo importante nella battaglia ideale, culturale e politica oggi in Italia.
Per queste ragioni è nostro intendimento riaprire con il PD un dialogo e un confronto che si erano spezzati, sapendo che il riformismo italiano nelle sue componenti essenziali socialiste democratiche, cattolico popolari, laiche, ambientaliste, costituiscono un bene prezioso della democrazia italiana. Mettere a frutto questo grande patrimonio di energie, di volontà, di pensieri, è compito di tutti noi. Perché questa è la grande responsabilità che grava sulle nostre spalle. Unirle in un progetto comune è un compito molto difficile. Ma è il solo, oggi, praticabile. In un momento così carico di incertezze per il futuro dell’Italia noi siamo persuasi che valori di libertà e di giustizia, principi di laicità e di rispetto, vadano riaffermati come fondamento della nostra costituzione e della nostra democrazia. E siamo fermamente convinti che una forza politica democratica e di sinistra possa assolvere alla sua funzione e alla sua missione se è capace di dare al suo agire una dimensione europea e un orizzonte globale. In questo senso rimane per noi decisivo non solo il rapporto ma l’appartenenza al campo delle forze socialiste, democratiche e progressiste europee, uniche ed essenziali, per noi, in grado di affrontare le sfide cui siamo chiamati per costruire un nuovo modello di sviluppo che riconosca la dignità della persona umana, l’affermazione delle sue esperienze, l’espansione delle sue capacità, il valore delle sue competenze e del suo lavoro.
E’ dunque a noi del tutto chiaro che oggi si inizia un percorso che noi auspichiamo di compiere con quanti hanno creduto e credono che le idealità socialiste non siano affatto morte e pensano al contrario che quei valori e quel pensiero in rapporto con altre culture politiche, possano costituire il nerbo del più avanzato riformismo italiano da mettere a disposizione per un nuovo impegno e una nuova battaglia politica al fine di rafforzare la democrazia italiana, per rendere più giusta e più sicura la nostra società e per restituire agli italiani una rinnovata fiducia nel proprio futuro.
Gavino Angius, Antonio Foccillo, Alberto Nigra, Franco Grillini, Accursio Montalbano, Fabio Baratella.