martedì 19 novembre 2019

L’Ilva non deve chiudere.

a cura di www.rassegna.it


Cgil: «Governo torni indietro»

 

Landini: "L'esecutivo deve rimettere lo scudo, ma il piano non si tocca". Mercoledì in mattinata l'atteso confronto a Palazzo Chigi tra la multinazionale e il presidente del Consiglio Conte dopo la decisione del gruppo franco-indiano di ritirarsi

  

"È utile che il governo corregga una evidente forzatura di utilizzo politico di una vicenda delicata e complessa come quella dell'ex Ilva. Quella norma sullo scudo era stata oggetto di confronto nel momento in cui era stato fatto l'accordo. E ricordo che quel che è stato fatto nei confronti di Mittal, in passato è stato fatto anche per i commissari che hanno gestito l'Ilva per anni". A fare il punto sugli ultimi sviluppi del caos Ilva è il segretario generale della Cgil Maurizio Landini in una intervista all'Huffington Post. "È una norma logica: chi arriva è responsabile di quello che fa da lì in avanti e non prima. Penso che il governo sia nelle condizioni di trovare una soluzione soddisfacente. È chiaro che in Parlamento c'è stata una strumentalizzazione politica. Con Cisl e Uil – aggiunge Landini – abbiamo chiesto al governo di togliere ogni alibi a Mittal. Non le si può permettere di dire che deve terminare la produzione a causa di un clima ostile da parte della politica e della magistratura. Da Mittal ci aspettiamo che chiarisca le sue intenzioni, dica che non se ne vuole andare e che intende mantenere gli impegni sottoscritti sia per il piano industriale che ambientale".

    Nel frattempo l'ad ArcelorMittal Italia Lucia Morselli ha confermato ai segretari generali di Fim, Fiom, Uilm e Usb, nel corso di un incontro che si è svolto oggi pomeriggio nello stabilimento tarantino, la volontà di recedere dal contratto per l'acquisizione della fabbrica già espressa ieri. Lo hanno reso noto gli stessi sindacati al termine della riunione. 

    LA GIORNATA - Ore decisive per il futuro della ArcelorMittal, dopo che la multinazionale indiana ha annunciato il ritiro dalla ex Ilva di Taranto. In mattinata si è tenuta a Taranto la riunione del Consiglio di fabbrica, che ha deciso "di dare vita mercoledì 6 novembre a un presidio vicino la direzione, lasciando il consiglio di fabbrica permanente", mentre nel pomeriggio si è tenuto un vertice tra Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil territoriali e la direzione aziendale dello stabilimento nel quale è stata confermata la volontà di procedere alla cessione. Per mercoledì 6 è in calendario (ore 11) a Roma, presso Palazzo Chigi, il confronto tra ArcelorMittal e il governo, rappresentato dal premier Conte e dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, previsto inizialmente per oggi. 

    La situazione è precipitata in seguito alla nota della società in cui riferiva di aver inviato ai commissari straordinari "una comunicazione di recesso dal contratto o risoluzione dello stesso" riguardo all'affitto e al successivo acquisto condizionato dei rami d'azienda di Ilva e di alcune sue controllate. ?Il gruppo ha ricordato che il contratto prevede che la società possa recedere dallo stesso nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto, in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l'attuazione del piano industriale.

    Il governo "deve togliere ogni alibi ad ArcelorMittal facendo applicare l'accordo a suo tempo firmato". Così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, intervistato ieri (martedì 5 novembre) da Rai Radio1.

    Nel mirino di ArcelorMittal, dunque, c'è il provvedimento con cui, dal 3 novembre 2019, "il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso". In aggiunta, si legge ancora nella nota aziendale, i "provvedimenti emessi dal tribunale penale di Taranto obbligano i commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019. Tali prescrizioni dovrebbero ragionevolmente e prudenzialmente essere applicate anche ad altri due altiforni dello stabilimento di Taranto. Lo spegnimento renderebbe impossibile per la società attuare il suo piano industriale, gestire lo stabilimento di Taranto e, in generale, eseguire il contratto".

    ArcelorMittal ha infine evidenziato che "altri gravi eventi, indipendenti dalla volontà della società, hanno contribuito a causare una situazione di incertezza giuridica e operativa che ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto". Secondo il gruppo tutte queste circostanze "attribuiscono alla società anche il diritto di risolvere il contratto in base agli applicabili articoli e princìpi del Codice civile italiano. In conformità con il contenuto del contratto la società ha chiesto ai commissari straordinari di assumersi la responsabilità per le operazioni e i dipendenti entro 30 giorni dalla loro ricezione della predetta comunicazione di recesso o risoluzione".

    Per il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli "Taranto e l'Italia non possono pagare il prezzo di un contenzioso infinito tra ArcelorMittal e governo. Mai come in questo caso il futuro dipende dal presente, c'è bisogno dell'impegno di tutti per evitare un disastro: l'azienda si fermi e l'esecutivo tenga fede agli impegni presi e ristabilisca le condizioni dell'accordo". L'esponente sindacale rileva che "in nessuna area del Mezzogiorno che ha vissuto grandi dismissioni industriali c'è mai stata traccia di sviluppo industriale, urbanistico e ambientale. Da Crotone a Termini Imerese, il Sud ha conosciuto solo sopportazione e assistenza, mai sviluppo e modernizzazione. Taranto dispone di un progetto importante di riqualificazione, di risorse pubbliche e private. Evitiamo quindi di disperdere questo patrimonio, che rappresenta un'opportunità di costruire attorno alla ex Ilva quel progetto di ampio respiro e di ambientalizzazione di cui c'è bisogno, altrimenti sarà un salto nel buio". Miceli, in conclusione, ha invitato il governo "a fare i passi necessari e l'azienda ad agire di conseguenza".

    "Siamo molto preoccupati per il rispetto del piano industriale, occupazionale e ambientale all'ex Ilva. Da tempo chiedevamo una verifica. La questione dell'immunità offre un alibi: non fornire un quadro legislativo certo è l'opposto di fare politica industriale". A dirlo è la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David: "Mi preoccupa che la discussione sia misurare chi ha ragione da un punto di vista giuridico: penso che il governo abbia fatto un errore e a volte riconoscere gli errori è un fatto positivo, significa togliere l'alibi all'azienda". Secondo Re David, il governo deve "chiamare l'azienda al tavolo e chiedere il rispetto degli accordi, altrimenti è a rischio non solo l'Ilva ma anche tutta l'industria del Paese, visto che l'acciaio è il settore primario del manuffatturiero e noi siamo il secondo Paese manufatturiero d'Europa. Vorremmo capire, perciò, se vogliamo continuare a esserlo o meno". 

    Enorme la preoccupazione anche della Cgil Puglia. "Siamo alle solite: un'azienda che rimarca gravi responsabilità nei propri atteggiamenti, un governo che non è lineare nelle proprie scelte, le conseguenze sono per i lavoratori e i cittadini di Taranto, vittime sacrificali del rimpallo tra governo e azienda in quella che rischia di essere una bomba sociale", commenta il segretario generale Pino Gesmundo: "Il governo spaventa le aziende perché non è coerente con le scelte che assume, perché con il Conte 1 aveva dato l'immunità, ma con il Conte 2 l'ha tolta. È un problema che riguarda sicuramente l'ex Ilva, ma riguarda tutti coloro che vorranno venire a investire in Italia". Gesmundo invita impresa e governo "a rispettare gli accordi già presi che consentono, non senza responsabilità sul mantenimento dei livelli occupazionali e impegni di investimento sulla compatibilità ambientale, di affrontare una situazione in cui sono in gioco il diritto al lavoro e alla salute dei cittadini tarantini".

    Netta la presa di posizione di Confindustria. "La vicenda è emblematica e consegue a una scelta fatta in Parlamento, nelle scorse settimane, di revocare uno dei punti qualificanti del contratto che l'investitore aveva firmato con lo Stato italiano. Mi auguro che, chi deve, capisca quali sono le conseguenze di scelte irragionevoli e non meditate". Così il direttore generale Marcella Panucci: "I continui cambiamenti di norme, gli interventi a gamba tesa sulle norme penali, l'instabilità del quadro non solo non attraggono investimenti, ma fanno scappare quelli che ci sono".

 

LANDINI: "Nel caos di queste ore facciamo chiarezza sulla vicenda ex Ilva" 

 

Non si può ritenere Arcelor Mittal responsabile per i problemi ambientali creati da chi c'era in precedenza. 

Così come sono stati protetti dall'imputabilità i commissari, così va fatto con Arcelor Mittal che deve invece essere responsabile se non realizza gli investimenti e il piano ambientale pattuiti

Il governo deve togliere ogni alibi ad Arcelor Mittal facendo applicare l'accordo che a suo tempo fu firmato



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Gregorio Candelieri
 
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