martedì 18 marzo 2014

L’appello - Subito un comitato anti-italicum

L'urgenza con cui il nuovo Presidente del Consiglio, in omaggio a un accordo raggiunto in modo irrituale con il capo (interdetto dai pubblici uffici) di un partito di opposizione, intende imporre l'approvazione di una 'riforma' elettorale dichiarata da quasi tutti i giuristi radicalmente sbagliata e probabilmente inapplicabile, non può che provocare allarme e indignazione in quanti hanno sperato che la sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 2014, cancellando gli aspetti incostituzionali della precedente legge Calderoli, avrebbe finalmente contribuito a restituire dignità e credibilità al futuro Parlamento.

Invece, il sistema elettorale che risulterebbe dalla approvazione del testo in esame alla Camera, manterrebbe gli aspetti di incostituzionalità della legge Calderoli (liste bloccate e assenza della preferenza, premio di maggioranza, deformazione della rappresentanza), in alcuni casi aggravandoli (per esempio con il raddoppio della 'soglia' di accesso al Parlamento, che rischia di escludere milioni di elettori) e prevedendo un secondo turno impropriamente definito di 'ballottaggio', che attribuirebbe la maggioranza assoluta a una formazione che potrebbe aver ottenuto al primo turno consensi assolutamente minoritari.

In questo senso costituirebbe un mancato rispetto della sentenza della Consulta là dove richiama la doverosa prevalenza del principio della rappresentanza, su cui si fonda il sistema parlamentare, sulla pretesa di 'stabilità'. Stabilità che peraltro il nuovo sistema non garantirebbe, come affermato dalla generalità dei costituzionalisti, per l'alto rischio di maggioranze diversificate fra Camera e Senato, accentuato ulteriormente dalla scelta di applicare il nuovo procedimento solo alla Camera, con l'unico scopo di impedire le elezioni fino alla cancellazione del Senato, che richiede una riforma costituzionale.

La 'riforma' appare lontana dalla esigenza di trasparenza ed efficacia invocata dallo stesso PD nell'ultima campagna elettorale, piegata alla pretesa di imporre per legge un bipartitismo che non corrisponde alla realtà della nostra società e punta a cancellare il pluralismo delle culture e la vasta area del dissenso e della responsabilità etica e civile.

Da questo punto di vista appare inevitabile considerare questa riforma elettorale potenzialmente coerente al progetto della destra di ridimensionare il ruolo del Parlamento per una concentrazione del potere nel solo esecutivo, cui sembrano tendere anche le annunciate 'riforme' del Senato e della Giustizia.

Nel primo caso infatti non ci si limita al superamento del bicameralismo perfetto e alla riduzione dei costi, ma è esplicita la volontà di cancellare del tutto la seconda Camera elettiva per sostituirla con un non meglio precisato comitato di rappresentanti degli enti locali, mentre per quanto riguarda la Giustizia è inevitabile il sospetto di un nuovo tentativo di ridurre l'indipendenza e delegittimare la Magistratura, che ha costituito in questi anni la principale garanzia del rispetto della legalità costituzionale contro ogni forma di abuso.

E' indispensabile fornire alla opinione pubblica una informazione completa sulle reali caratteristiche del nuovo sistema proposto e sollecitare una ampia espressione della volontà popolare che impedisca lo stravolgimento forse irreversibile del nostro sistema costituzionale.

Considerando insufficiente intervenire con emendamenti formali inevitabilmente limitati, formuliamo un appello al mondo della cultura giuridica e non solo, alle organizzazioni politiche e sindacali, all'associazionismo democratico affinché in tempi brevissimi venga unitariamente richiesta al Parlamento la formulazione di una nuova proposta di riforma rispettosa della Costituzione, che garantisca il potere degli elettori di scegliere i propri rappresentanti e non stravolga la volontà popolare.

Ci rivolgiamo infine ai Parlamentari affinché non si assumano di fronte ai propri elettori la responsabilità di approvare un testo che entrerebbe nella peggiore storia del nostro Paese a fianco della legge Acerbo, voluta da Mussolini per privare gli elettori del loro potere di decidere la politica nazionale.

A fronte della ossessiva pressione mediatica che tenta di presentare questa stagione di 'riforme' come una razionalizzazione indispensabile per garantire la 'governabilità', auspichiamo un impegno unitario e urgente di tutti coloro che intendono difendere la nostra democrazia e rifiutano di attribuire agli obiettivi di solidarietà, giustizia e uguaglianza su cui si fonda la nostra Costituzione la responsabilità di una crisi economica e sociale che trova origine invece nello strapotere di ambienti finanziari internazionali non sottoposti ad alcun vincolo democratico e di legalità.

A tutti chiediamo di impegnarsi, se il testo in discussione dovesse entrare in vigore, alla immediata costituzione di un Comitato Nazionale con l'obiettivo di esperire tutte le possibili iniziative legali per impedire la sua applicazione, sia ricorrendo alla autorità giudiziaria per rimettere alla Consulta la questione di legittimità costituzionale, che promuovendo un referendum abrogativo.

Francesco Baicchi, avvocato

Felice Besostri, giurista

Lorenza Carlassare, giurista

Claudio de Fiores, costituzionalista

Domenico Gallo, magistrato

 

 

Rinnovamento della politica - «La politica si rinnova sui valori e sui metodi, non in modo astratto o delegando il rinnovamento a questa o quella personalità o a un astratto "nuovismo". Il fallimento della seconda repubblica è lì a dimostrarlo… Cerchiamo di non fare nuovamente ricorso a scorciatoie i cui effetti negativi stiamo vivendo drammaticamente sulla nostra pelle.» – Valdo Spini