lunedì 4 luglio 2011

Una voce nel vento

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Mauro Rostagno (1942-1988) è stato ricordato a Berlino dallo scrittore amico di una vita Peter Schneider e dal regista Alberto Castiglione, autore del documentario "Una voce nel vento" nella quale ricostruisce l'assassinio mafioso di un giornalista che fu tra i fondatori di Lotta Continua.

di Laura Garavini deputata PD, circoscrizione estero

Era un uomo che aveva il coraggio di denunciare gli intrecci tra mafia, potere ed economia. Un giornalista che con i suoi servizi osava fare i nomi dei colpevoli e spingeva i suoi concittadini a fare altrettanto.

    A Berlino abbiamo ricordato Mauro Rostagno, vissuto da giovane anche in Germania e in Inghilterra, in un dibattito insieme allo scrittore tedesco Peter Schneider, suo amico, e al regista Alberto Castiglione, autore del documentario "Una voce nel vento".

    Il pubblico a Berlino è rimasto impressionato da questo filmato che, con le sue rivelazioni, ha consentito di riaprire il processo a distanza di oltre 20 anni dall'omicidio – consiglio vivamente di mostrarlo anche in altre città.

     Sulla situazione attuale dell'antimafia in Italia e delle collaborazioni internazionali ho parlato questo mese a Napoli con gli esperti della sicurezza interna della SPD bavarese e nazionale. Siamo d'accordo sulla necessità di creare le condizioni politiche per rendere possibile una collaborazione più stretta e moderna in materia di contrasto alla criminalità organizzata.

Anche a Roma, il 19 giugno scorso, si è svolto un incontro pubblico con la partecipazione di Marco Boato, Leoluca Orlando e Paolo Brogi in ricordo di Mauro Rostagno (vai alla registrazione audio su Radio Radicale), per richiamare l'attenzione su quanto sta emergendo nell'Aula Falcone di Trapani dove è in corso il processo per l'assassinio del giornalista: una tra le pagine più vergognose e infami della storia italiana. Vennero accusati i vecchi compagni di Lotta Continua, arrestata la sua compagna, perseguitata la sua comunità terapeutica... Nel 1988 ai funerali di Rostagno l'allora ministro della Giustizia, il socialista Claudio Martelli, disse che a suo giudizio si trattava di un assassinio mafioso. Per queste parole, cinque anni dopo, Martelli non più ministro venne inquisito con l'accusa di "tentato depistaggio".

 

 

IPSE DIXIT

Elementi minimi - «È impossibile una qualunque cazzo di battaglia in questo Paese se non si ripristinano elementi minimi di legalità e di stato di diritto.» – Emma Bonino

Parla anche di noi - «Credo che ben pochi italiani abbiano avuto notizia dello sciopero della fame di Marco Pannella, iniziato il 20 aprile scorso, dunque 75 giorni fa. Pannella e i Radicali protestano contro la situazione inumana delle carceri italiane, un problema che si protrae ormai da anni, e ogni estate assume tratti drammatici. Nelle carceri italiane sono rinchiusi quasi 70 mila detenuti, a fronte di una capienza che non raggiunge i 45 mila posti . . . E la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha già richiamato più volte l'Italia per le condizioni dei detenuti nelle carceri. Nonostante tutto ciò il tema non è mai, non dico al centro, ma neppure alla periferia del dibattito politico . . . Perciò, non auto-inganniamoci. Lo sciopero della fame di Marco Pannella sembra parlare solo dei detenuti, ma parla anche di noi.» – Luca Ricolfi
 
 

LEGALITÀ

L'ARRESTO DI GIUSEPPE RIINA E L'IMPORTANZA DELLE INTERCETTAZIONI

"Il mandamento di Corleone ha ancora un peso  notevole negli equilibri di Cosa nostra. L'arresto di quattro boss, tra cui il fratello di Totò Riina, infligge un duro colpo all'organizzazione e conferma l'importanza delle intercettazioni quale strumento indispensabile per l'attività investigativa. Il governo, quindi, la smetta di minacciare un provvedimento che ne limiti l'utilizzo. Piuttosto faccia il possibile per assicurare ai magistrati e alle forze dell'ordine più risorse e mezzi". Lo dichiara il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia, commentando l'operazione "Apice".
 
 

Nebbia in Val Padana

Mercedes Bresso aveva vinto

È stato condannato il truccatore di firme a favore dell'attuale presidente della Regione Piemonte, il leghista Cota

Dal manifesto del 1° luglio 2011

Traballa, e parecchio, la poltrona del presidente del Piemonte Roberto Cota che, nel 2010, aveva vinto su Mercedes Bresso per soli 9mila di voti. Il processo per falso avviato a Torino nel dicembre scorso ha portato ieri alla condanna a due anni e otto mesi di Michele Giovine, la cui lista Pensionati per Cota ha contribuito con 27 mila voti alla vittoria del leghista. Per il tribunale erano false le firme racconte in 17 circoscrizioni su 19. Una bella soddisfazione per Bresso e per i radicali che sin dall'inizio hanno denunciato l'illegalità di quel voto. Anche perché con ogni probabilità la sentenza avrà effetti decisivi sul procedimento in corso per accertare la regolarità delle elezioni.

    Cota tira dritto: «I problemi legati alle autentiche delle firme di una lista non mi riguardano. Se qualcuno ha sbagliato, paghi. I voti che i piemontesi mi hanno dato sono veri e validi».

    Bresso è di un altro parere: «Cota che non poteva non conoscere le modalità con cui Giovine operava». E finalmente il Pd chiede, insieme al resto della coalizione, «il ritorno alle urne, perché Cota non ha vinto, e la elezioni sono state viziate da una vera e propria truffa» (così il segretario regionale Morgando).

    La sentenza dà ragione a Bresso e ai radicali, e ancora una volta punisce la prudenza con cui il Pd si è schierato all'indomani della sconfitta, diviso da una delle sue guerre interne. Dal punto di vista tecnico, la condanna penale non ha conseguenze amministrative automatiche. Ma il procedimento amministrativo intentato all'indomani del voto da Bresso e altri è ancora aperto. Il 4 ottobre ci sarà l'udienza della Consulta, coinvolta dal Consiglio di Stato che ha ritenuto incostituzionale la sentenza del Tar nel punto in cui rinviava il procedimento amministrativo su Giovine alla conclusione dell'iter giudiziario civile a suo carico. I tempi lunghi di questo ulteriore processo potrebbero portare alla sentenza dopo la fine della legislatura.