di Felice Besostri
Non potevamo non pubblicare questo appello: i socialisti sono per la risoluzione pacifica dei conflitti. Quindi, contro l'uso delle armi. E nell'uso delle armi, chi è militarmente più forte, ha maggiori responsabilità. Quindi, questo ruolo spetta ai russi.
Tuttavia, un punto di vista socialista non può ignorare che l'iniziativa militare è partita dai georgiani e che si è trattato di una manovra allo scopo di acquistare consenso per un regime che ha tradito molti degli ideali della "Rivoluzione delle rose" che lo portò al potere.
La sinistra italiana è in vacanza, probabilmente in percentuale maggiore della media degli italiani, infatti tengono banco discussioni sulla Commissione AA (Amato-Alemanno) o sulle ultime esternazioni di Moretti. A proposito del primo tema il compagno Rino Formica ha detto cose definitive nell’intervista al Corriere della Sera del 14 agosto e sul secondo condivido l’appello di Pancho Pardi: Moretti la smetta di deprimerci!
In vacanza le questioni scomode danno fastidio come zanzare e tafani. Perciò è meglio non affrontarle. Nel Caucaso si è corso il rischio di alzare la tensione internazionale fino al punto di ritornare ad un clima di guerra fredda. Gli effetti si sono visti subito, per una parte della Sinistra la collocazione è automatica: vediamo dove stanno gli USA e noi ci mettiamo dall’altra parte. Per un’altra parte la Russia è l’erede dell’Unione Sovietica e, pertanto, è d’obbligo schierarsi con la Georgia.
Ripercorrendo la storia del paese, il più grande crimine, da cui discendono tutti gli altri, è stato il rovesciamento con la violenza del governo socialista ("menscevico") al potere in Georgia nei primi anni 20 del XX secolo. Ciò avvenne in funzione di una forzata "normalizzazione bolscevica".
Con la stessa arbitrarietà con cui zone tradizionalmente georgiane furono date a Turchia, Armenia ed Azerbaigian, altre non georgiane vennero inglobate nella "Repubblica Socialista Federata di Georgia". Ma nessuno consultò all'epoca gli Osseti e gli Abkhazi affinché potessero dare (o negare) il loro assenso a quegli accorpamenti territoriali nella Georgia. E la maggioranza di loro non acquisì la nazionalità georgiana.
Se un altro principio socialista è quello dell'autodeterminazione dei popoli, allora non capisco quelli che si dichiarano sostenitori fanatici del Kossovo indipendente, ma negano lo stesso diritto ad Osseti e Abkhazi.
Condanniamo l'uso delle armi, il massacro di civili e ogni superamento della linea di armistizio, ma, per favore, lasciamo stare i paragoni con l'Ungheria del 1956 e con la Cecoslovacchia del 1968. In Georgia non era in corso nessuna rivoluzione da soffocare con un intervento straniero.
Per dire, una zona slovacca al confine orientale era stata assegnata all'Ucraina dopo la seconda guerra mondiale, ma i dirigenti della Primavera di Praga non presero l'iniziativa di rivendicare alcun "sacro suolo patrio perduto". E del pari, nella rivoluzione ungherese del 1956, non si udirono mai parole d'ordine nazionaliste per i territori ungheresi ceduti a Serbia, Croazia Romania e Slovacchia.
Quindi auspicherei una solidarietà per i socialisti georgiani attiva, ma anche "dialettica".
Come socialista internazionalista non sono disposto a battermi per sottomettere gli osseti ai georgiani, magari con l'aiuto di truppe NATO.
Come socialista internazionalista sono anche per la libera determinazione degli osseti del Nord e del Sud, come dei ceceni, affinché possano tutti quanti decidere democraticamente se far parte o meno della Federazione Russa, liberi dalla presenza interessata di truppe russe ex sovietiche.
Vorrei sentire anche voci socialiste dalla Georgia sulla politica economica e sociale del governo in carica.
Vorrei anche una sinistra italiana che discuta di principi guida negli affari internazionali e non che si affidi agli umori contingenti od al solo criterio della collocazione degli USA nel conflitto in atto o potenziale.