lunedì 17 novembre 2014

TU PARLES !

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

 di Giuseppe Tamburrano

 

E’ contestato dagli operai e riverito dai paperoni della finanza italiana che hanno affollato l’elegante sala da pranzo del Salone delle fontane all’Eur di Roma: qui Renzi ha primeggiato nel chiedere soldi per il partito.

    E’ riuscito ad agganciare sia Berlusconi che Grillo per le elezioni dei membri della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura.

    Gli va tutto bene! Eppure la sua attività di governo si limita ai discorsi, alle interviste: parole, parole, parole, ho già notato tempo fa.

    Presidente dell’Europa ha accettato che Mare Nostrum, che ha salvato tante vite di disperati migranti, fosse trasformato in attività di pattugliamento del Mediterraneo a cura dell’Europa: vite in cambio di soldi risparmiati.

    Ha ottenuto di far modificare il Senato, ma dovrà affrontare il voto della Camera, la doppia lettura e l’eventuale referendum.

    Vuole cambiare la legge elettorale concordata con Berlusconi e forse vi riuscirà con i voti dei Cinque stelle.

    E l’economia? E il debito e il deficit? E i redditi delle famiglie (a parte gli ottanta euro: unica, modesta cosa positiva fatta)? E i disoccupati, di cui il jobs act non si occupa minimamente? E tutto il resto delle cose da fare?

    Chi è e che cosa vuole fare Renzi? Difficile capirlo non perché taciturno, ma al contrario perché parla: come cavolo fa ad aprire bocca in modo appropriato su tutto, con tutti! Parla, parla, parla e non fa niente, niente, niente. Ma forse l’ho capito: Renzi è... Renzi.

    I regimi personali normalmente si appoggiano alla forza. Renzi si appoggia solo a se stesso, si autosostiene e si alimenta a parole. E’ uno straordinario fenomeno: tutto parole e niente cose, progetti, ideali, Renzi è la sinistra? Forse perché la sinistra non c’è più. Gli esponenti del PD che lo osteggiano sono ombre che si aggirano nel cimitero di quella che fu la sinistra.

    Gubernar no es asfaltar dicono gli spagnoli. Ma Renzi non asfalta nemmeno: vedi i disastri per il maltempo.

    Che fare, oltre a sfogarsi con la penna? Il fenomeno si esaurirà da sé e lascerà un deserto.

           

       

 

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In ogni treno c’è un prefetto

 

Nasce l’Alfanellum col vincolo del tre per cento e, come dicevano i latini, omne trinum est perfectum…

 

di Mauro Del Bue

 

Sarà perché tre è numero perfetto. “Omne trinum est perfectum”, recitavano i latini. E un mio distratto compagno di Liceo tradusse maccheronicamente: “In ogni treno c’è un prefetto”. Ma siamo ancora di fronte al vincolo del tre per cento. Quello europeo tra deficit e Pil pare sia stato inventato nella Francia di Mitterrand da un anonimo suo collaboratore, poi ripreso dall’Unione europea per misurare il tasso di credibilità economica dei vari paesi. Ora ritorna lo stesso numero per fissare, nella nuova legge elettorale, lo sbarramento della rappresentanza delle liste in Parlamento. Cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando.

    Vi è un inevitabile intreccio tra la possibilità di varare una legge elettorale e quella di tenere insieme una maggioranza politica. Renzi si è esposto col patto del Nazareno, ma non può dimenticarsi di quello che gli garantisce Palazzo Chigi. E siccome la maggioranza si è raggiunta grazie ai voti del cosiddetto Nuovo Centrodestra è evidente che non lo si può cancellare per legge con uno sbarramento alto. Dunque, si è scesi dal 5, al 4, al 3 per cento. Berlusconi però non può lavorare apertamente per far sì che Alfano e Renzi possano governare insieme. E poiché il suo tasso di renzismo deve fare i conti con una minoranza che dal mugugno è passata ormai alla contestazione, alza la voce e anche l’asticella.

    Tutto ruota sul ruolo di Alfano. Personalmente ho sempre pensato che un partito che si chiama Nuovo Centrodestra non possa stare eternamente con il Centro-sinistra. E dunque o cambia nome, e il tema pare anche all’ordine del giorno, o dovrebbe rompere prima delle elezioni del 2018, senza arrivare al termine della legislatura, col Centro sinistra per poi contestarlo, senza alcuna credibilità, alle elezioni.

    Il premio alla lista, eliminando le coalizioni, risolve anche questo problema. Alfano può presentarsi da solo, non coalizzato, e tornare alla Camera con qualche amico. Gli basta superare il 3 per cento. Per evitare che la minima barriera venga contestata da Berlusconi oggi Alfano gli manda segnali di pace e di disponibilità a ricomporre la vecchia alleanza.

    C’è solo un piccolo particolare. E cioè che col premio di lista non ci sarà nessuna alleanza, perché non serve a nulla, se il 3 per cento varrà per tutte le liste. La rivoluzione non è di poco conto. Serve ad Alfano (soglia al 3% e premio alla lista, il che elimina le coalizioni), più che a tutti gli altri. È gradita al Pd per la sua vocazione maggioritaria. Ma lo è anche a Vendola, che potrebbe non coalizzarsi e superare anche lui il 3%.

    Non capisco cosa ci guadagni il Centro-destra. Le promesse del figliol prodigo Alfano sono senza consistenza. Forza Italia è stimata al 15% e solo coalizzandosi con la Lega e Fratelli d’Italia, ed eventualmente Alfano, potrebbe nutrire una piccola speranza di vittoria. Ma, senza coalizioni, Forza Italia dove va?

    Questa legge servirebbe al Paese?

    Diciamo la verità, l’Alfanellum è meglio dell’Italicum. Introduce le preferenze, fuoriuscendo da quel mostro che è il Parlamento dei nominati. E la soglia del premio di maggioranza passa (dal 35 e poi dal 37) al 40%. Elimina le coalizioni, che sono il virus della governabilità dell’Italia, premiando la prima lista.

    Più difficile capire a quale modello l’Alfanellum si ispiri.

    Sarebbe una legge utile a tutelare i piccoli, a dare il potere a un partito solo, a stabilire per legge che alla fine una lista, al primo o al secondo turno, vincerà.

    Se esistessero ancora i partiti, però. Già non esistono più, se pensiamo che si dovrebbero trasformare in liste pigliatutto… Perciò io mi domando se in Italia questi partiti, e ancor di più le future liste, saranno in grado di assicurare la governabilità. Ne dubito.

 

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